martedì 17 dicembre 2013

Job Act, economia civile e fiducia. Tout se tient.

La proposta del "nuovo Pd" renziano, circa il "Job Act" (ossia le nuove regole del lavoro) ha finalmente qualcosa di rivoluzionario, posta la deriva precaria cui ci hanno condannato venti anni di berluschini più o meno consapevoli (Sacconi, in primis e poi molta parte del sindacato moderato). Venti anni in cui abbiamo creato eserciti di precari che, senza adeguate tutele e potere d'acquisto (in termini di stabilità), non sono a loro volta mai riusciti ad innescare processi d...i sviluppo. Nel mio ultimo libro "Futuro Fragile" (ECRA) avevo contato 46 contratti "flessibili" oggi presenti nel nostro ordinamento.
Nella proposta del nuovo Pd, invece, mutuata da quella del giuslavorista Piero Ichino, finalmente troviamo l'indicazione della "normalità" della assunzione a tempo indeterminato quale contratto base di inserimento, "a patto" di rinunciare alle tutele dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (divieto di reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa). Mi sembra una svolta epocale. Un giovane assunto a tempo indeterminato (lo scrissi e lo proposi tempo fa anche ad un Convegno beccandomi le rimostranze di un Segretario Confederale della CISL presente tra i relatori) si può recare in banca a chiedere un mutuo, può immaginare di mettere su famiglia innescando processi virtuosi (dal mercato delle costruzioni ai consumi di base) perchè, semplicemente, in grado di offrire stabilità, FIDUCIA. Nel senso di rappresentare la FIDUCIA che altri hanno avuto in lui. E via di questo passo. Noi non pensiamo che tutto, in realtà, si basa sulla FIDUCIA. Ogni legame umano e sociale si basa sulla FIDUCIA. Rifletteteci bene: un precario vive sulla sua pelle la mancanza di fiducia. Come potrebbe chiederla ed ottenerla a sua volta da altri? La proposta del Pd, finalmente, tende (non so quanto razionalmente) a ricucire un legame sociale essenziale, ma qui entriamo nel campo dei fondamentali dell'Economia Civile, che purtroppo molti opinion makers e saccenti soloni del giuslavorismo non conoscono neppure lontanamente.
E' una proposta razionale, "win win" (vincono tutti, nessuno perde). Se la si boicotta, allora siamo in presenza di una cristallizzazione ideologica preoccupante. E il sindacato dovrebbe essere il primo a farla propria.

giovedì 12 dicembre 2013

Pifferai e topini

Mio papà, che nell'ultimo periodo della sua vita lavorativa faceva il pendolare tra Roma e Genova, prendeva il treno da Roma alle 7, per arrivare alle 13 in Liguria. Spesso e volentieri i lavoratori dei cantieri di Sestri Levante in mattinata occupavano i binari ,  ma poi alle 12.30 se ne andavano. Il treno passava e lui arrivava in orario. Da qui la sua  perfida, ma meravigliosa battuta (da sindacalista che ne aveva viste tante negli anni dell'autunno caldo): "tutte le rivoluzioni finiscono all'ora di pranzo".
Mi èvenuta in mente questa sua frase  leggendo ormai con attenzione estrema le cronache delle occupazioni e delle proteste dei "forconi". Le agenzie la mattina verso le nove iniziano a scrivere "primi blocchi a..." e via di questo passo. E la sera "si tolgono i blocchi a...". Aggiungiamo pseudo leader che arrivano in Jaguar, studenti che fanno sega e la sensazione che provo è di una feroce incazzatura per veder tollerare (e amplificare) questo giochino che, se sfugge di mano, può davvero scatenare un pandemonio.
Se fossi un cassintegrato, un pensionato al limite, uno che ha perso il lavoro non mi farei rappresentare da autoproclamati leader, pifferai magici che portano i topini fino all'orlo del baratro e poi si scansano.

giovedì 5 dicembre 2013

La lungimiranza dei Padri Costituenti.

Dopo venti anni di immobilismo causa impotentia generandi, i due veri grandi scossoni all'immobilità del sistema politico/partitito (decadenza Berlusconi e incostituzionalità della legge elettorale) sono stati dati dal sistema giudiziario (condanna penale per frode fiscale nel primo caso, sentenza della Corte Costituzionale nel secondo).
Da qui due riflessioni: la prima è che la divisione dei poteri, sin dai tempi di Montesquieu, si dimostra ancora oggi un principio cardine delle moderne democrazie, pur con tutti i limiti delle organizzazioni umane. Di questo dobbiamo ringraziare davvero i Padri Costituenti, lungimiranti oltre ogni aspettativa; la seconda, l'urgente necessità di rinnovare dalle fondamenta il sistema politico/partitico,  ma nel rispetto della prima considerazione (no quindi populismi, grillismi di vario tipo). Su tutto sta l'impellente necessità di iniettare massicce dosi di etica pubblica e privata, nella consapevolezza che perseguire il "bene comune" (con trasparenza, onestà, giustizia) sia un principio economicamente e socialmente conveniente. Ma quest'ultima cosa non si può delegare alla Magistratura.

lunedì 2 dicembre 2013

L'armonia relazionale delle cose.

Domenica 1 dicembre, Comunità di Capodarco, nelle Marche. Mattinata dedicata ad un incontro con il teologo Vito Mancuso, il Presidente della Comunità don Vinicio Albanesi e - a sorpresa - la Presidente della Camera, Laura Boldrini.
Un "parterre" di eccezione, si direbbe in questi casi. E difatti sarà il luogo (per chi conosce la Comunità, un'oasi di serenità e bellezza, non solo figurata), sarà il tema ("la sostanza e gli accidenti"), fatto sta che si è creato un mix eccellente per ragionare, sotto vari profili, sull'essenziale e come si debba lavorare per costruire, partendo dalle nostre comunità, un futuro degno di questo nome.
La faccio breve, non voglio fare una cronaca della mattinata. Ma indicare qualche concetto che mi sembra utile diffondere in questo condominio virtuale che è il web.
1. Tornare all'essenziale significa comprendere come si debbano identificare alcuni "valori" che, anche se la Storia muta (e spesso disorienta), restano immutabili. "Il giusto è sempre meglio dell'ingiusto, Gandhi è sempre meglio di Hitler" (Mancuso). Si potrebbe chiamare "ordine delle cose", preordinato, immanente. Superiore a ciascuno di noi. Cui si contrappone il "caos", il disordine, il dolore, la malattia. Trovare un equilibrio tra Ordine e Caos è la sfida dell'esperienza umana. Ora più che mai. "Dobbiamo fare il bene, essere onesti, non rubare non per buonismo. Dobbiamo farlo anche se nessuno ci vede o ci dice grazie". Perchè il giusto, in questo caso, è un valore decisamente al di sopra di noi. Cui si deve tendere, consapevoli della caducità (e transitorietà) della nostra esperienza. Solo così si rimetteranno le basi per una convivenza civile non basata sulla convenienza, sul continui mercanteggiare (faccio cosi perchè mi conviene, non lo faccio se non mi conviene). Dopo tutto, sono gli "imperativi categorici" di cui parlava Kant.
2. Tornale all'essenziale significa tornare all'essenza della natura. Anche in senso antropologico. Il primato del bene e della giustizia è inserito nella dinamica promordiale della natura. Questo significa liberarsi di dogmatismi, infrastrutture, attidudine a dominare il prossimo. Ogni organismo vivente (sia corporeo o sociale) si basa sull'armonia. Ciò che rompe l'armonia genera caos (la cellula impazzita genera il tumore, ne basta una sola;  la disonestà, l'invidia, l'odio rompono l'armonia sociale). Da qui la necessaria consapevolezza che tutto si tiene, nessuna azione è scollegata da un'altra, anche se non ne vediamo il senso o il collegamento.
3. Questo ha enormi ricadute anche nell'azione politica. Il populismo, la chiusura in se stessi, le ruberie, le ingiustizie tendono a rompere l'armonia dell'unità, generando "caos" (disorientamento, mancanza di visione del futuro). Occorre tornare, in buona sostanza, alla armonia relazionale delle cose.
Per questo bisogna praticare, nei fatti, anche nei più piccoli, azioni in grado di riaffermare i principi base dell'esperienza umana. Insegnando e praticando valori supremi. Non per "convenienza" (giustizia, onestà) ma perchè più grandi di noi. Posti all'inizio dei secoli ed immutabili. Piccoli uomini noi se osiamo discuterli, adattarli, piegarli alle nostre esigenze. Dopo tutto, aggiungo, questo sarebbe il "peccato originale" (non di Adamo ed Eva, ma dell'uomo in quanto tale): fare a meno del "logos" e farsi esso stesso "dio". Tutta la Storia ci parla di questo peccato.
Questa crisi può essere utile per ritornare all'armonia relazionale? Non lo sappiamo. Ma ragionare di questo, agire di conseguenza, aiuta a comprendere le sfide in atto, a sopportare l'angoscia delle trasformazioni cui assistiamo e a dar loro un senso. Ordine e Caos. Da ricomporre. Un insegnamento che vale sia per i credenti che per i laici. Chapeau.








lunedì 4 novembre 2013

Blog di Marco Reggio: Ci sono ragazzi che hanno scelto la "parte buona" ...

Blog di Marco Reggio: Ci sono ragazzi che hanno scelto la "parte buona" ...: Sabato scorso, 2 novembre, all'interno del Salone dell'Editoria Sociale di Roma, ho avuto il privilegio di poter presentare, insieme...

Ci sono ragazzi che hanno scelto la "parte buona" dalla quale stare.

Sabato scorso, 2 novembre, all'interno del Salone dell'Editoria Sociale di Roma, ho avuto il privilegio di poter presentare, insieme ad altri ospiti, il volume: "Dal bene confiscato al bene comune", che ho curato insieme alla Associazione "Libera" per conto della Fondazione Tertio Millennio, la Onlus delle Banche di Credito Cooperativo (Edizioni ECRA: www.ecra.it).
Un libro, che si avvale della presentazione di don Luigi Ciotti,  dedicato alla complessità dello strumento di confisca dei beni alla criminalità organizzata e dati in gestione, principalmente, a cooperative di giovani. Quelli che definisco "eroi" del nostro tempo: ragazzi che hanno scelto di restare su territori difficili, dove mancano lavoro e speranza per il futuro; ragazzi che hanno scelto la "parte buona" dalla quale stare, combattendo spesso contro disinformazione, intimidazioni, minacce, isolamento.
Proprio per evitare questo isolamento, abbiamo voluto questo libro. Per accendere un riflettore su uno strumento, quello della confisca dei beni ai mafiosi, che potrebbe davvero essere un mezzo di riscatto sociale. Restituire alle comunitò locali beni  che sono appartenuti alla criminalità organizzata (a volte ostentati con l'opulenza che offende), significa davvero "risarcire" interi territori. Innescando processi virtuosi: che vanno dalla partecipazione, all'educazione alla legalità, ad una offerta occupazionale.
A parlarne, insieme a me sabato scorso, il Sostituto procuratore antimafia Maria Vittoria De Simone, il magistrato Gaspare Sturzo (oggi Gip presso il Tribunale di Roma), Simona Dalla Chiesa (figlia del generale Carlo Alberto ucciso a Palermo nel 1982 ed oggi attivista di "Libera"), l'amico e collega Sergio Gatti, Direttore generale di Federcasse. A coordinare il tutto, Santo Della Volpe giornalista del Tg3 e Presidente del sito "Libera Informazione".
E' stato un bel dibattito, di altissimo livello. Che ha messo a nudo le criticità di un iter burocratico che può durare anni (dal sequestro alla confisca, all'affidamento in gestione) o che si scontra con problemi paradossali (l'accesso al credito difficile per l'impossibiltà di dare gli stessi beni in garanzia o l'esistenza di gravami ipotecari).
Da qui la necessità di conoscere - far conoscere - raccontare. Per creare consapevolezza nell'opinione pubblica. E suggerire di non lasciare soli, per quanto ognuno può fare, questi ragazzi. Anche immaginando, nell'imminente Natale, di acquistare prodotti "Libera Terra" che provengono dalle cooperative agricole che coltivano su terreni confiscati. E regalarli. Ad amici, colleghi, familiari. Un bel segnale, un aiuto importante. Un piccolo passo verso il bene comune.
 

venerdì 18 ottobre 2013

Larghe intese, Pd attento.

Dico la mia sulle "larghe intese". Quando nacque questo Governo, una cosa era chiara (almeno nelle parole del Capo dello Stato). Si doveva fare la legge elettorale, avviare il percorso delle riforme, mettere in sicurezza i conti pubblici. Poi, semmai, si sarebbe tornati a votare.
A più di cinque mesi dal suo avvio, il Governo Letta si affanna a navigare nel mare agitato dei contrappesi. Un governo in cui stanno Pd e Pdl (quest'ultimo ormai nella fibrillazione costante della condanna di Berlusconi) non potrà ovviamente che approvare provvedimenti nè neri nè bianchi, non troppo decisi di qua o di là, che fanno ma non tanto, che tolgono ma non tanto, che danno ma non tanto. Insomma, forse quanto di peggio ci vorrebbe per un Paese malato come il nostro.
Ma c'è, dietro tutto questo, un trappolone. Si chiama "tempo". Più si va avanti con le larghe intese, più il Pd si autologora. E sfianca quei pochi tenaci che ancora, nonostante tutto, pensano che votare Pd sia - se non un affare - il male minore.
In questi mesi non c'è stata una cosa di sinistra, nel senso di iniziativa "percepita come tale" dal popolo di sinistra: si poteva forzare la mano sull'Imu solo per i ricchi (non si è fatto); si poteva in questa ultima manovra aumentare la tassazione delle rendite finanziarie (non si è fatto, anzi si è aumentato il bollo sul dossier titoli, quindi lo pagano anche i pensionati con i soli Bot); si è arrivati ad osteggiare l'amnistia (da sempre cavallo di battaglia a sostegno della questione carceraria) che adesso - si è rovesciato il mondo - viene promossa dal Pdl nella speranza di infilarci dentro il Cavaliere.
Ma quello che rimprovero al Pd è che in questi mesi non ha osato. Berlusconi, come poi si è visto nel ridicolo voto di fiducia il 2 ottobre, avrebbe digerito qualsiasi cosa pur di scongiurare il voto contrario nella Giunta per le elezioni (che poi, a conferma di questa mia tesi, c'è stato ugualmente). Silvio non potrebbe mai permettersi la fine delle larghe intese: giacchè governa senza aver vinto le elezioni, è un morto che cammina (politicamente parlando) eppure fa lo statista,  si fregia davanti al suo elettorato come il baluardo anti tasse.
Attento Pd. Più tempo passa più quel signore si organizzerà e venderà fumo agli italiani. Quando si voterà, il Pd presenterà un governo che non ha osato, ha subito la demagogia populista e sarà facilmente accusato di essere stato quello che avrebbe voluto le tasse. Ma che il Silvio nazionale ha prontamente scongiurato. Si chiamano pelotas in spagnolo, bolas, sfere, quelle che ci vorrebbero da una classe dirigente degna di questo nome.

mercoledì 16 ottobre 2013

Il sorriso di Priebke.

«Non so se vale la pena di fare tanto rumore, intorno alla morte d’un nazista come Priebke. Non so nemmeno quanto conti il luogo e il modo in cui viene sepolto. Alla fine, da qualche parte deve pur essere messo. Io non proclamo la vendetta su un morto e credo che la gente non dovrebbe chiedere vendetta. Lui non è energia: è solo cenere e tenebre». Sono parole di un sopravvisuto alla Shoah, Aaron Appelfeld, oggi sul Corriere della Sera. Parole durissime. Più oltre aggiunge: "Queste sono persone che hanno vissuto seminando odio, morire raccogliendo odio è quasi una soddisfazione postuma. Vanno sepolte e basta, come si fa con tutti i grandi criminali. Senza onoranze. Senza parole. I loro delitti sono storia, la loro morte è solo cronaca».
Mi ha colpito molto il concetto di odio cercato, quasi una soddisfazione maligna. E mi è tornata in mente una immagine più volte mandata in onda dai Tg in questi giorni: è la sequenza in cui Priebke, in Tribunale a Roma, si fa spiegare dall'avvocato quello che ha appena sentito in italiano e non capisce: la sua condanna all' "ergastolo". In quella sequenza, Priebke non fa una piega, ma accenna ad un sorriso che raggela. E' il sorriso dell'odio ancora vivo. Di chi pensa: "siete ancora delle nullità".
A volte pensiamo che con il tempo l'odio si affievolisca. E' naturale sia così, tra umani. Ma ci sono persone, come Priebke, che si sono spinte talmente "oltre" da aver perso il senso della realtà, per non parlare della pietas che, almeno con l'età, dovrebbe farsi strada lentamente nell'animo e nel corpo che piano piano si consuma. Non è successo nulla di questo, con Priebke.
Penso dovrebbe essere questa, allora,  la "lezione" di questi giorni: il male non è un accidente, ma una scelta. La libertà dell'uomo consente questo. E il male o il bene sono il discrimine tra caos e armonia. Scegliere il caos significa vivere nelle tenebre. E nutrirsi del male stesso. Su questo dovremmo riflettere. E insegnare ai giovani che quanto accaduto settanta anni fa potrebbe, per questo, ripetersi se non si vigila.

giovedì 10 ottobre 2013

Sono contro. Ergo sum.

Emblematico il post di Beppe Grillo dedicato, stamattina, al tema della revisione normativa del reato di immigrazione clandestina.
"Non è nel nostro programma", dice Grillo. Pertanto non se ne deve neppure discutere. E aggiunge: "Se avessimo fatto questa proposta in campagna elettorale, avremmo avuto un consenso da prefisso telefonico".
Emblematico, perchè il decidere la linea politica sulla base del consenso che se ne può ottenere è esattamente la logica che i "grillini" dicevano di voler combattere. E' la logica di Berlusconi che sonda prima il terreno e poi, se gli conviene, annusa il sentimento popolare e ci costruisce una proposta politica.
Ma la "politica", quella con la "p" maiuscola (che poi dovrebbe voler dire occuparsi del bene collettivo) è l'esatto contrario dell'assecondare le pulsioni popolari. Grillo dovrebbe rileggersi (ma sarebbe meglio dire, credo, "leggersi") pagine di Platone, Aristotele, fino ai più recenti Montesquieu o dei nostri più prossimi De Gasperi o Sturzo. La Politica, a volte, proprio perchè si pensa debba essere affidata ai "più iluminati tra gli Uomini", è l'arte della visione e della pre-visione; del guardare oltre l'immanente e la pancia, del saper disegnare una società migliore dove sia possibile vivere in pace e benessere.
Così resta l'amarezza non tanto per il "post" (uno dei tanti) che non aggiunge nulla all'esistente; ma per la conferma che, per il M5S, quello che conta è il consenso ed il potere fine a se stesso. Che poi si perpetua con la litania del "questo no, questo nemmeno" che non è un disco incantato, ma una precisa strategia di sopravvivenza. Senza nemici, non esisterebbero. Non è questa la Politica che voglio.

venerdì 4 ottobre 2013

Il modello X factor e le vittime di Lampedusa

Di fronte alle cronache del dolore da Lampedusa (su tutte, suggerisco anche la lettura del reportage di Domenico Quirico oggi sulla  Stampa), l'istinto sarebbe quello di tacere. "Oggi è il giorno del pianto" ha detto poco fa Papa Francesco ad Assisi.
Ha ragione. Ma tacere non deve diventare un alibi. E' straziante l'immagine di quelle centinaia di corpi ammassati nell'hangar dell'aeroporto. E sapere che dentro quei sacchi verdi e blu ci sono bambine con i capelli ricci e neri e le scarpine di vernice, ragazzi con le foto dei genitori nella tasca dei jeans, persone. Che avevano un nome, una storia, una vita.
Se non si entra in questa dimensione, non si potrà mai comprendere la follia - prima di tutto - del reato di immigrazione clandestina inventato, per primi al mondo (cosa di cui non andare fieri), proprio dal nostro Paese. Impacchettare tutto con il termine "clandestino" significa non voler sapere, o immaginare, che dietro ogni "clandestino"  c'è una storia, un nome, una famiglia, una speranza di vita migliore. Dove è finita l'idea di solidarietà sulla quale si è costruito l'ideale dell'Europa unita. Ma, aggiungo, dove è finita l'idea di solidarietà che ha sempre fatto del nostro Paese un modello di integrazione, vita collettiva, benessere sociale? Non mi spingo a parlare dell'idea di fraternità e reciprocità, non è questo il luogo. Ma siamo stati portatori, dal Medioevo a tutto l'800, di una idea di convivenza civile e modello economico basati sulla ricerca del bene collettivo. Senza dire "tu si", "tu no". Con quale diritto si può dire "tu si" , "tu no"? Non siamo a X factor. Ma X factor è, rapportato alle situazioni,  il modello cui tutti, oggi, anche inconsapevolmente, tendiamo. Un modello che ci gratifica e ci rassicura (perchè scegliamo ed escludiamo).
Il mix perverso di queste  mancanze determina tragedie come quelle di Lampedusa. Da un lato l'Europa che considera l'immigrazione mediterranea un problema italiano; dall'altro l'Italia che improvvisamente scopre, dopo un ventennio di ubriacatura dopante, di essere un Paese di frontiera, pieno di problemi, che ha chiuso troppe volte gli occhi. Sappiate, sappiate, che dal 2000 ad oggi sono almeno 6.700 i corpi di uomini, donne e bambini che giacciono nel Canale di Sicilia. Chi darà loro giustizia? Sono morti in nome di quale Dio?
Non ho una soluzione, ovviamente. Ma questa non può che essere frutto di una consapevolezza profonda. Della tragedia di esseri umani e della necessità che un intero Continente unisca le forze per evitare altre Lampedusa. Ma la soluzione deve anche passare per le norme, per il diritto positivo. Cambiare la Bossi Fini, cancellando il reato odioso di clandestinità, avrebbe una enorme valenza culturale e contribuirebbe a riportare il dibattito sull'immigrazione (ineluttabile, ineliminabile) su un terreno dove trovare soluzioni e sul quale confrontarsi. Senza la scorciatoria del "tu si", "tu no". Preghiamo per i morti di Lampedusa e per tutti coloro che sono state vittime del nostro telecomando.

martedì 1 ottobre 2013

Il grande statista

Il grande statista (sembrerebbe il titolo di una canzone di Samuele Bersani). Allora, il grande statista prima fa dimettere i suoi parlamentari, il che blocca naturalmente l'attività di governo chiamato, nelle stesse ore, ad assumere impegni di miliardi per il Paese (nessuna certezza di convertire i provvedimenti in legge); poi fa dimettere i suoi ministri rovesciando la frittata e facendo intendere che è per colpa del governo che non avrebbe evitato l'aumento dell'Iva..... Ma vabbè, andiamo oltre. Insorgono i Vescovi, la Confindustria, le Banche, le Assicuazioni, le piccole e medie imprese e gli stessi ministri "dimissionati" che a quel punto si mostrano recalcitranti; risale lo spread, crolla la borsa. Il grande statista, allora, dice "vabbè, ma possiamo comunque votare la legge di stabilità, poi ritoccare nuovamente l'Iva al ribasso e andare a votare". Si, ma per fare questo ci sono 2 strade: o si ritirano le dimissioni dei ministri e il governo va avanti come se nulla (o quasi) fosse successo, oppure in parlamento si vota la fiducia ormai richiesta (ovviamente, è il minimo) da Letta. Il grande statista allora capisce che è in una specie di vicolo cieco, da lui stesso imboccato. Comunque vada ci fa la figura che immaginate. Che grande Paese il nostro! Che uomini! Silvio, anni sereni (con il plaid sulle ginocchia) è il minimo che ti si possa augurare.

mercoledì 28 agosto 2013

Idem, manco per niente!

Effettivamente, sotto la calura estiva, i cervelli vanno in pappa. Stiamo assistendo, da quando Silvio Berlusconi è stato condannato a 4 anni di reclusione per frode fiscale (accadeva all'inizio di agosto) ad una sceneggiata senza precedenti: dal rifiuto della sentenza alla richiesta sguaiata di restituire "agibilità politica" ad un signore che, alla prova dei fatti, ha evaso 270 milioni di euro alle pubbliche finanze (cioè a ciascuno di noi).
Il pensiero corre alla povera ministra dello Sport Josefa Idem, costretta a dimettersi alla fine di giugno per aver ricevuto un verbale di 3 mila euro a titolo di multa per non aver pagato l'Imu su una porzione di abitazione di sua proprietà.
Si badi bene, il gesto della Idem è stato inusuale per lo standard italico, ma senz'altro opportuno. Nella semplice logica che chi amministra il bene comune, a qualsiasi titolo, non può essere neppure sfiorato dal dubbio che si tratti di un poco di buono. Josefa idem si dimise, per la cronaca, dopo le insistenze della stampa filoberlusconiana e il tam tam mediatico di Lega, Pdl ed altri irreprensibili cittadini.
Ora, qualcuno mi può spiegare invece come gli stessi personaggi che si accanirono contro la Ministra trovino adesso il coraggio di urlare allo scandalo se si afferma la non degnità del Cavaliere - posta una condanna definitiva e 270 milioni evasi - a rappresentare, come Senatore, il popolo italiano? 
Davvero questa enorme follia è stupefacente. L' "indegnità politica" di Silvio è "in re ipsa" posta la condanna passata in giudicato (non si è trattato di un verbalino di Equitalia come per Josefa). Questo è un colossale problema per il Pdl, che se ne deve far carico. Ben sapendo che, da oggi in poi, sarà comunque difficile presentarsi agli italiani come quelli che hanno per capo un pregiudicato per reati fiscali.

venerdì 2 agosto 2013

Videomessaggi, bandiere e tasti rewind.

La colpevolezza di Berlusconi per frode fiscale è ormai accertata. Ciascuno valuti se, adesso, questo signore che ha monopolizzato, modellato a sua immagine, condizionato la vita politica italiana per venti lunghissim anni  è ancora degno di sedere in Parlamento o di esserne l'ago della bilancia.
La risposta è semplice. Non lo è. Come non lo era neppure prima, anche se tutti - nessuno escluso - hanno fatto finta di non vedere colossali conflitti di interesse ed anomalie al limite dell'eversione. Il risultato è l'Italia di oggi. Delusa, più povera, senza lavoro, affannata. Che consuma quel poco di ricchezza accumulata dalle generazioni precedenti.
Ma questo lo sappiamo.
Quello che volevo sottolineare è il patetico videomessaggio di Berlusconi rilanciato ieri da tutte le televisioni. Un videomessaggio. Non una intervista (nei momenti topici si sottrae ad ogni confronto). Un videomessaggio come quelli di buonanima Bin Laden, dei sequestratori colombiani e di chi preferisce lanciare al mondo il suo verbo. Senza contraddittorio. Con la sola differenza che dietro Berlusconi non c'erano in bella mostra kalashnikov, pietraie afghane o jungla sudamericana. Ma le bandiere italiana ed europea. Quasi a sottolineare la dimensione di uno "statista" vittima di complotti.
Questo, signori miei,  è vilipendio alla bandiera (esiste ancora questo reato?). Pensate se tutti i condannati per frode fiscale si facessero video da postare su YouTube con, alle spalle,  la bandiera dello Stato che hanno frodato . Siamo alla farsa. Una delle tante anomalie di questo ventennio.
Mi ero illuso che  sarebbe invece uscito dignitosamente di scena, in caso di condanna. Ma il personaggio è vittima di se stesso. Rivolge il nastro col tasto "rewind" e prova a tornare a venti anni fa, perfino rispolverando Forza Italia. Dimenticando però che questi venti anni li abbiamo tutti sulla pelle. Con i loro graffi ed i loro segni, per molti indelebili. Esca di scena, invece, dignitosamente. Almeno lo ricorderemo per una cosa buona.

mercoledì 24 luglio 2013

La Consulta, l'acqua calda e la Fiat.

Ieri la Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale, lo scorso 3 luglio, aveva dichiarato incostituzionale l'art. 19 dello Statuto dei lavoratori (strumentalmente utilizzato da Fiat per estromettere la Fiom dalla contrattazione aziendale) nella parte in cui riconsce solo ai sindacati firmatari degli accordi nazionali legittimità di rappresentanza.
Detto così sembra sindacalese difficile da capire. In realtà è una cosa semplicissima: tutti i sindacati, in quanto libere associazioni di lavoratori, hanno diritto di essere rappresentati in quella azienda nella quale lavorano i propri iscritti. E non solo quelli che sono d'accordo con "il padrone".
A chi ha la memoria corta ricordo che  la Costituzione sancisce l'illegittimità di ogni forma di discriminazione (tanto meno su basi ideologiche) e - soprattutto - difende il libero associazionismo sindacale. Con tutto ciò che questo comporta.
Ora, verrebbe da dire, ieri la Consulta ha presentato la ricetta dell'acqua calda.
Già, perchè fino a pochi anni fa una "querelle" del genere non sarebbe mai neppure nata. Sarebbe stato ovvio, nella "coscienza sociale" del Paese, considerare quella di Marchionne e della Fiat che mostra i muscoli (fuori la Fiom dalla fabbrica) una battaglia squisitamente ideologica, senza alcun fondamento legale e giuridico. Combattuta in nome del profitto e del Dio mercato.
Eppure questa "querelle" non solo è nata, ma si è trascinata stancamente (a parte la lotta ammirevole della Fiom nel far riconoscere un sacrosanto principio costituzionale) fino ad oggi. Senza un dibattito pubblico nè, tantomeno, un "tavolo" governativo nel quale un qualsiasi Premier con le palle avrebbe dovuto battere i pugni e richiamare lo svizzero torinese dal maglioncino blu al rispetto basico delle norme sulle quali si è sempre  fondata la democrazia di questo Paese.
Sfiga ha voluto che questa vicenda nascesse e si trascinasse nel peggior periodo della storia Repubblicana. Da ministri del lavoro e del welfare che teorizzavano la flessibilità precaria, cosa ci si sarebbe dovuti aspettare?
Ecco perchè la notizia di ieri "fa bene" al Paese. Per due motivi: primo, perchè ci fa capire che, nonostante tutto, la nostra Costituzione è davvero la più bella mai scritta (basterebbe solo applicarla, non cambiarla); secondo, perchè ci fa capire come ci sia bisogno di regole,  e di Autorità che siano in grado di farle rispettare. Resta la tristezza di aver visto la ricetta dell'acqua calda spacciata e commentata da tanti Soloni come notizia rivoluzionaria. Ma, oggi, questo offre il convento.

martedì 23 luglio 2013

Intervista a margine del Convegno della Fondazione ForTes (Siena, 5 luglio 2013)

A margine del Convegno della Fondazione ForTes (Siena, 5 luglio 2013)

Lo scorso 5 luglio ero a Siena, ospite della Fondazione ForTes (Formazione per i Quadri del Terzo settore). Discutendo di mutualità territoriale. Al termine, ho rilasciato una breve intervista che ritrovo su You Tube. La "posto" sul mio blog per contribuire a sviluppare un dibattito, che credo importante, sul ruolo della cooperazione nelle strategie di sviluppo del sistema Paese. Cooperazione come modello di impresa partecipativa e solidale. Basata, cioè, prorio su quelle caratteristiche che oggi si avvertono come deficitarie in un contesto di crisi che tende a stressare le rendite di posizione e gli egoismi di parte. L'intervista si può vedere cliccando sul link qui sopra.



lunedì 15 luglio 2013

Calderoli, ovvero dell'offesa infantile (o dell'incolto)

Da ieri ne stiamo leggendo tante di reazioni e commenti all'offesa (grave, ingiustificabile) del Vice Presidente del Senato, il leghista Calderoli, al Ministro Kyenge, di origini congolesi. Mi ripugna ricordarlo, ma devo - per proseguire nel mio ragionamento - di quale offesa si parli: l'aver affermato, tra le risa sguaiate degli astanti ad un comizio lumbard, che la "ministra mi ricorda un orango".
Orbene, l'offendere per "associazione" (tu assomigli, tu sembri) è qualcosa che facevamo da ragazzini a scuola quando non si aveva l'ardire (o la forza) per affrontare lo sfacciato di turno. Gli si riversava addosso un insulto che speravamo lo potesse ferire, magari evidenziando alcune caratteristiche fisiche (grassottello = cicciobomba; magrolino = tisico, ecc.).
A parte la gravità dell'insulto da parte del Vice Presidente del Senato, e quindi non di un ragazzino nel cortile di una scuola, mi sembra che questa offesa evidenzi l'infantilismo oggettivo di Calderoli (che le cronache politiche tramanderanno ai posteri per una legge porcata) ma soprattutto la sua incultura che cela una debolezza drammatica: la consapevolezza di non avere le leve cognitive per affrontare questioni che ormai bussano sempre più forte alle nostre porte, e che solo un imbecille può far finta di non sentire mettendosi le dita nelle orecchie. Si chiama globalizzazione, multicultura, pressione migratoria. A breve questa fragile porta sarà sfondata. E non basterano gli insulti a ripararla.
Ho 53 anni e una cosa, forse, ho imparato. La più grande debolezza (e vulnus profondo) delle persone sta nella consapevolezza di essere degli incolti, incapaci a reggere la competizione. Vuoi per stato sociale (la povertà) vuoi per incapacità (il trota) sta di fatto che chi "sa" di essere ignorante -  nel senso letterale del termine - "sa" (perchè lo vive su se stesso) di perdere su tutti i fronti: in un  dialogo, nella comprensione reale dei fatti, nella possibilità di crescere nella scala sociale. A meno che, come accaduto a tanti miracolati come Calderoli, ti infili nel vagone giusto al momento giusto o ti chiudi nel tuo gruppo autoreferenziale (le camicie verdi). E lasciamo perdere i venti anni buttati da questo Paese regredito ad un livello che fa male.
Ecco perchè sono d'accordo con quello che ieri ha detto Cécyle Kyenge: quella di Calderoli non è una offesa a me, ma al popolo italiano. Ci ha capiti meglio lei di tante persone. Meraviglioso. Ma anche tanto triste.

lunedì 1 luglio 2013

Un Papa a Lampedusa.

La notizia che Papa Francesco il prossimo 8 luglio sarà a Lampedusa dove incontrerà gli immigrati del Centro di prima accoglienza, celebrerà la Messa e soprattutto andrà a pregare sul mare, in memoria delle tante, tantissime persone seppellite lì sotto nel tentativo di raggiungere la terra promessa, è una notizia che fa bene al cuore ed alla mente.
Ci voleva un Papa argentino per ricordare ai tanti politici italiani di quale immane tragedia siamo spettatori silenziosi e distratti.

mercoledì 26 giugno 2013

Berluskamen I, la dinastia, tra faraoni veri e presunti.

"Il ritorno della mummia", titolava "Liberation" pochi mesi fa, quando Silvio decise di ricandidarsi alle Politiche. Titolo forte, con una copertina che fece il giro del mondo. Ma anche, col senno di poi, un titolo profetico. Visto che oggi i giornali sparano sulle prime pagine l'investitura dinastica della figlia Marina a capo del Pdl. Senza un congresso, senza un voto popolare. Sulla base dell'appartenenza alla casata o meglio, a questo punto, alla dinastia. Poi non vi meravigliate se gli viene in mente di dire che  Ruby è la nipote di Mubarak, egiziano detto il "faraone". O anche che Silvio è padrone del Milan dove gioca El Sharawy, anch'esso detto "il piccolo faraone". Tutto si tiene, amici miei. La dinastia del Berluskamen I è solo all'inizio. Andiamoci a rileggere l'Esodo, va che è meglio.

martedì 25 giugno 2013

Sessanta milioni di ostaggi. Tutti italiani.

Solo in un Paese come il nostro si potevano "linkare", come fanno da ieri sera i cortigiani di Berlusconi, i due temi della condanna del loro capo (a sette anni di reclusione per concussione, sfruttamento della prostituzione con interdizione perpetua dai pubblici uffici) ed il futuro del Governo Letta.
Come se avessero una qualche attinenza logica o funzionale. E' invece la logica bieca e meschina del ricatto, cosa peraltro abbastanza comune in questi anni di basso impero e politica clientelare.
Solo due mesi fa Pdl e Pd, giurando solennemente di fronte al Capo dello Stato (dopo la loro incapacità a rinnovare anche questa Carica) si assumevano di fronte al Paese l'onere e l'onore di governarlo in una situazione eccezionale. Un governo comunque a termine, chiamato a fare poche cose ma buone: riforma elettorale, sistemazione dei conti pubblici, politiche attive di ripresa dell'economia e del contrasto alla disoccupazione, soprattutto giovanile. A parte un rinvio dell'Imu e l'annuncio del prossimo rinvio dell'Iva non c'è traccia delle riforme auspicate.
Cosa c'entra la condanna di Berlusconi in tutto questo? Nella logica delle vendette trasversali moltissimo. Nell'interesse generale, poco o nulla. La cosa triste è che ancora dopo venti e più anni questo Paese resta zavorrato dalla mummia appesantita o dal fantasma di un uomo che ne ha segnato le sorti e che da domani, sui libri di storia, non verrà certo ricordato per lo Statista della rivoluzione liberale o del nuovo miracolo economico. Sarebbe il momento di chiudere definitivamente con questo passato. Berlusconi si rassegni, si dimetta da tutto e combatta la sua solitaria battaglia per la giustizia che ritiene di dover ottenere. Ma la smetta di tenere in ostaggio sessanta milioni di italiani che non ne possono più delle sue avventure sessuali e giudiziarie.

mercoledì 19 giugno 2013

Parlando di finanziamento al non profit. Il mio intervento al Forum Terzo Settore Formazione Quadri del Mezzogiorno (Napoli, 2 marzo 2013)

Napoli, 2 marzo 2013. Intervento Formazione Quadri Terzo Settore

Lettera da Lampedusa

Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa
Eletta nel maggio 2012, al 3 di novembre erano stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?
Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l’idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce.
Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra.
Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa motivo di vergogna e disonore.
In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l’unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche.
Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza, che dà dignità di esseri umane a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all’Europa intera. Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza.

Giusi Nicolini

martedì 18 giugno 2013

Tra Putin, Gheddafi ed Erdogan (ovvero, la livida rabbia dell'escluso)

Trovo gravissime e fuori da ogni logica le dichiarazioni di ieri di Berlusconi circa l'invito a non rispettare gli impegni assunti (da lui) in ambito europeo. Nel merito e nel metodo. Nel merito, perchè il nostro Paese sta a piccoli passi cercando strategie di uscite dalla crisi, con occhio attento agli equilibri di bilancio ma anche agli impegni assunti in un contesto comunitario. Dire spudoratamente "che fai, se non rispetto le regole mi cacci?" (mi ricorda il battibecco con Fini qualche tempo fa) è, a dir poco, ignobile.  Soprattutto, è il massimo dell'inaffidabilità. Che credibilità ha, difatti, un uomo politico che teorizza il fare come gli pare se un impegno non gli garba? Nel metodo, l'uscita non casuale l'ha fatta il giorno in cui i potenti della terra si riunivano in Irlanda. Stavolta a stringersi le mani, finalmente, alcuni quarantenni: Obama, Cameron, Letta.
Qua da noi Berlu inaugurava una casa di riposo tra le montagne del bergamasco e si faceva accarezzare le rughe da Maroni (tutto visto in tv).
Mi veniva da pensare che la sua fosse solo una invidia verde, profonda, oscura. Di essere fuori dai giochi e sentire che nessuno lo ricorda o lo rimpiange. Forse perchè, solo fino a pochi mesi fa, sbandierava  i suoi grandi rapporti con Erdogan, Putin e Gheddafi. Una grande visione europeista la sua, senza dubbio.

venerdì 14 giugno 2013

Papaveri e sanpietrini

Oggi, venendo al lavoro, mi sono soffermato a guardare una immagine che ha catturato la mia attenzione. Un papavero nato tra due sampietrini, nel mezzo di una strada trafficata. Povero papavero, non avrà vita lunga.
Ma quel papavero è un prodigio della natura, della casualità (il vento soffia dove vuole), della forza propompente che rompe le pietre con la pazienza di uno stelo.
Non voglio indulgere al buonismo. Ma in questi giorni Roma presenta luci e profumi che sarebbe bello fermare nella memoria e trasmettervi. Quello dei primi tigli in fiore, del gelsomino selvatico. Di un cielo terso solcato da rondini e di tramonti da urlo.
Che stridore con quello che ci circonda: lavoro che manca, difficoltà personali e di intere famiglie, poca speranza per il futuro.
Ma quel papavero, quelle rondini, quei tigli ci ricordano che - comunque - ci sono forze che sono sopra di noi e che grazie a Dio, almeno queste, non governiamo. Che se ne fottono della crisi ed in qualche modo la irridono. Voi fate come vi pare, noi seguiamo i ritmi della natura. E' stato così sempre e sarà sempre così. Che bello riposarsi in un pensiero come questo. Buona giornata amici.

mercoledì 12 giugno 2013

Il voto amministrativo è un riconoscimento al governo di larghe intese? Letta, ma che dici?

Di diplomazia il Pd può morire. Tra i tanti commenti sentiti nel dopo voto ammnistrativo (cappotto del centro sinistra, 16 a zero. E poi a Roma, mai successo nella storia, tutti e 15 i Municipi saranno adesso governati dal centro sinistra), mi ha dato enormemente fastidio quello di Enrico Letta, premier, che ha osservato: "Il voto è un riconoscimento al governo delle larghe intese".
Un riconoscimento???
Allora, capiamoci. Se il risultato delle amministrative fosse stato opposto (cappotto del centro destra), oggi, dico oggi, i falchi del Pdl con in testa Silvio, avrebbero iniziato la Campagna elettorale per far cadere il Governo a breve, andare alle elezioni ed incassare l'inatteso regalo degli elettori.
Invece il Pd che fa? Fa l'ennesimo favore al Pdl inserendolo, non richiesto neppure, nella valutazione post elettorale che avrebbe espresso il gradimento all'attuale esecutivo. Ma cosa spera Letta? Che tirando a campare 12 o 14 mesi lavorando su riforme incerte, una ripresa che imporrà ancora lacrime e sangue, alla fine il centro sinistra andrà all'incasso?
Non sono uno stratega politico, ma - dico "ma" - se il Pd iniziasse a mettere paletti, convocare il congresso, eleggere un segretario giovane, motivato e ben visto ormai da tutto il Paese (indovinate chi è) avrebbe il sacrosanto dovere di andare davanti agli elettori e dire: "Ok. Ci siamo. Ripartiamo".
Evitando umiliazioni degli svaniti Cinque Stelle, chiudendo per sempre - stavolta per sempre - la stagione del Berlusconismo. Ci vuole uno stratega per avere questa visione del futuro?
PS. Scrivo questo post legittimato dalla partecipazione ad una Campagna elettorale fatta tra la gente, che ha portato voti nuovi ed insperati al Pd ed al Sindaco Marino. E la gente, credetemi, la pensa come me.

martedì 11 giugno 2013

Parlare civile

Sono stato oggi pomeriggio al Montecitorio. In programma la presentazione del libro "Parlare civile" edito da Bruno Mondadori e realizzato da un pool di giornalisti legati alla Agenzia "Redattore Sociale". E' stato un momento di grande formazione umana e professionale. Con la Presidente della Camera Laura Boldrini, don Vinicio Albanesi, Domenico Iannacone ed altri. Il libro è dedicato ai giornalisti ed a quanti "lavorano" con le parole. Mettendo in luce le tante, troppe volte nelle quali queste sono usate con leggerezza, con superficialità, con disattenzione o con dolo. Nascono così vocaboli che entrano nell'uso comune ("di colore", "nomade", "clandestino", ecc.) che innalzano muri, steccati e pregiudizi difficilissimi da abbattere. E  generano a volte sofferenze che la gente non immagina neppure.
Gli operatori della comunicazione hanno responsabilità immani nel provare - attraverso le parole che non sono mai neutre - a rappresentare il mondo nella loro complessa realtà. E non semplificando a tal punto da impoverire il contesto in cui dovrebbero brillare come luce (bellissima la citazione di una poesia di Mario Luzi fatta da Domenico Iannacone, bravo autore e conduttore de "I dieci comandamenti" su Rai Tre).
Particolarmente apprezzato l'intervento di Laura Boldrini, del quale ho preso appunti al volo: "ho fatto tante battaglie di civiltà e una, importante, è stata quella del linguaggio! Il linguaggio non è mai  neutro, ma determina la percezione dei fenomeni. Può "avvelenare il pozzo", e ripulire l'acqua, dopo, è difficile". "Provo molto fastidio quando ci si impegna perché l'informazione aiuti la comprensione di episodi e situazioni di discriminazione e questo sforzo venga poi liquidato solo come politically correct, come qualcosa di stucchevole". "Le persone che giudicano in questo modo in genere sono le stesse che identificano i comportamenti corretti e legali come espressione di buonismo. È un'attitudine miope, arrogante e autoreferenziale". "L'attenzione al linguaggio, in altri Paesi è al centro del dibattito sull'informazione. Pensiamo all'Inghilterra dove si fa in modo che nelle redazioni siano rappresentate tutte le minoranze". "C'è ancora molta strada da fare da noi. E questo libro è solo un primo passo. E' uno strumento importante rivolto ai giornalisti perché il linguaggio non sia vittima del pregiudizio. Un gruppo sociale deve essere chiamato come desidera, non con il nome affibbiato da altri e che magari ha una chiara accezione negativa. I soggetti più deboli soccombono anche di fronte alle parole, educhiamo i giovani a un utilizzo consapevole e responsabile delle parole con particolare attenzione a quanto avviene sul  web dove le parole arrivano a valanga e si moltiplicano. Contate su di me, questa battaglia civile è anche la mia!"

lunedì 10 giugno 2013

La grande Bellezza (e il grande Spreco).

Sabato ho visto "La Grande Bellezza", film di cui si parla molto, di Sorrentino. Con uno strepitoso Servillo come interprete principale. Quel Jep Gambardella che incarna una generazione fortunata, che ha vissuto gli anni del boom economico, ha potuto studiare, crearsi una professione. Eppure... si accorge, alla fine, di non aver realizzato nulla. Di avere buttato via doti e talenti. Di essersi lasciata vivere, perdendo le occasioni della vita, aspettando - come Godot - qualcosa "di più" (la grande bellezza) che non sarebbe mai arrivata.
Uscendo dal cinema pensavo che il titolo sarebbe potuto essere "il grande spreco".
Sullo sfondo, una Roma sontuosa nella sua bellezza. Quasi a dire che, in passato, ci sono stati uomini che le occasioni avute  le hanno sfruttate al meglio. Costruendo monumenti più duraturi del bronzo, lasciando ai posteri la Bellezza con la B maiuscola. Altro che Jep Gambardella.
Che alla fine, non mi fa pena, ma rabbia. Colto, sensibile, avrebbe potuto fare della propria vita qualcosa di meraviglioso. Per se stesso e per gli altri.
E' , alla fine, uno spaccato della nostra Italia di oggi. Che ha bisogno, lo ripeterò fino alla nausea, di ritrovare orgoglio di appartenenza, senso civico e di comunità. Superando le volgarità e la sciatteria. Io ho 53 anni e sono un po' più giovane di Jep Gambardella. Sento di avere ancora energie da impiegare in questo progetto, ma occorre che nasca una consapevolezza dal basso. Più di tanto noi cinquantenni non potremo fare. Spero nei nostri ragazzi, nella loro voglia di cambiare il mondo, ragazzi  che si impegnano (oggi ho saputo che saranno oltre 5 mila a frequentare i campi estivi di "Libera" discutendo di legalità),  tendenzialmente portati alla bellezza.  Sono loro la speranza di questo Paese. A patto di avere da noi adulti punti di riferimento e indicazioni certe. Solo così la grande Bellezza si potrà ritrovare.

venerdì 7 giugno 2013

Domenica al ballottaggio. Liberiamo Roma dagli interessi di pochi. Per farla tornare Comunità.

Liberiamo Roma dagli interessi di pochi per mettere al centro la Comunità.
E' stato questo il tema centrale della mia Campagna Elettorale per il Consiglio Comunale.
Vi avevo promesso che questa battaglia non si sarebbe esaurita. Abbiamo tutti la possibilità di lavorare finalmente per il bene comune inteso come promozione delle condizioni per realizzare le nostre aspettative di vita, lavoro, benessere in senso ampio. Votiamo Ignazio Marino. E apriamo una pagina nuova per Roma.

giovedì 6 giugno 2013

Perotto. Chi era costui? Una storia che avrebbe cambiato il nostro Paese (e non solo).

Oggi vi racconto una storia. E' una storia di un treno che passa, che si ferma nel Paese più bello del mondo, cerca di farci salire sopra le persone migliori, ma poi riparte vuoto per via del tempo che perde ogni volta alla stazione. E' la storia di Pier Giorgio Perotto. Ingegnere (nato nel 1930, morto nel 2002). Prima semplice ricercatore, in pochi anni (dal 1957 al 1963) divenne capo ingegnere della Olivetti, la mitica azienda di Ivrea leader mondiale (fino agli anni '80) di quello che si chiamerà "office automation" (calcolatrici, macchine da scrivere meccaniche e poi elettroniche). Ma anche azienda "a misura d'uomo", integrata in un contesto sociale ed economico che ha fatto scuola, e su cui spero sappiate qualcosa (avrete sentito parlare del fondatore, Adriano Olivetti, insuperato imprenditore attento al fattore umano).
A capo di un gruppo di giovani, Perotto nel 1962 iniziò a lavorare ad un progetto folle per l'epoca: la realizzazione di un calcolatore elettronico con dimensioni poco più grandi di una macchina da scrivere, che fosse dislocabile in ogni ufficio ed assolvesse le stesse funzioni dei primi calcolatori a bobina grandi come armadi. Nacque così il Progetto 101, tradotto in un prototipo (chiamato "la Perottina" in omaggio al suo inventore) che dal 1963 al 1965 fu sviluppato tanto da diventare il primo vero pc portatile al mondo (chiamato calcolatore elettronico dal suo fondatore).
La storia continua. In quegli anni, morto il fondatore Adriano, l'Olivetti iniziò ad avere problemi economici, e vide l'ingresso degli americani della General Electric nella compagine azionaria. Perotto e il suo team continuarono a lavorare al progetto, ma  di nascosto perchè il nuovo management, perplesso su questo scatolotto che usava l'elettronica e non la meccanica,  sentenziò: "un calcolatore portatile? Una follia, non avrà futuro". Chapeau.
Perotto, diciamo così, ci rimase male. Ma riuscì a presentare il suo prototipo a New York. Finì che la "Perottina" fu vista e copiata dal colosso HP, il quale anni dopo dovette anche versargli un risarcimento milionario.
Ma la frittata era fatta: il pc portatile era sbarcato negli Usa e da lì avrebbe preso il volo (non a caso, se qualcuno ha letto la biografia di Jobs, si ricorderà che il fondatore della Apple aveva visto da subito nella HP e nei suoi prototipi di personal computer la terra promessa nella quale, anni dopo, avrebbe sviluppato le sue idee).
Questa storia è vera, e si potrebbe sintetizzare così. Il personal computer è stato ideato, costruito e messo a punto in Italia. Da un giovane ingegnere che oggi pochi si ricordano.
Pensate cosa avrebbe significato per il nostro Paese brevettare l'invenzione, investirci in ricerca, blindare i nostri cervelli e cambiare, davvero, il mondo. Ma con un approccio "made in Italy". Alla faccia dei vari Gates, Jobs, Wozniak ed altri guru della Silicon Valley.
Ho raccontato questa storia perchè mi piange il cuore a leggere ogni giorno di posti di lavoro che si perdono, di fuga di cervelli, di giovani che non studiano e non lavorano. Chissà quanti Perotto ci sono stati e ci sono ancora in giro per l'Italia.
A loro dobbiamo dare fiducia, dobbiamo ricreare le condizioni per attrarre capitali e idee. Che pur ci sono, come tante energie insospettabili. A patto di ragionare su schemi nuovi, abbandonare rendite di posizione e riscoprire l'orgoglio di appartenenza ad una comunità che potrebbe davvero migliorare questo mondo. Se solo lo volesse.

martedì 4 giugno 2013

Il Premio "Mnemosine - Il tempo ritrovato" alla Fondazione Tertio Millennio - Onlus.

Oggi alle ore 18 ritirerò, per conto della Fondazione Tertio Millennio di cui sono Segretario Generale, il premio "Mnemosine" della Associazione "Il tempo ritrovato". Nella motivazione, si legge che il riconoscimento è conferito per il sostegno all'economia responsabile ed alla tutela dell'ambiente. La Fondazione, in particolare, ha attivato da alcuni anni un importante progetto di microfinanza in Ecuador, con il quale aiutiamo oltre 65 mila famiglie di campesinos ad affrancarsi dalla povertà e dall'usura. Più recentemente, nell'ambito della collana "Quaderni" che la Fondazione dedica ai temi della cooperazione di credito, abbiamo pubblicato il volume "Natura e Creato. La sfida ambientale per le BCC". Dedichiamo questo riconoscimento a tutti quelli che, dal 2003 ad oggi, hanno creduto nelle potenzialità di un organismo che, in contesti difficili, aiuta davvero lo sviluppo e la promozione umana. Se volete saperne di più, abbiamo da poco attivato la pagina Facebook "Fondazione Tertio Millennio - Onlus". Tra i progetti di punta, infine, il "Laboratorio Sud" con il quale, dal 2008 ad oggi, abbiamo sostenuto oltre 80 progetti di job creation nel Mezzogiorno. Molti in collaborazione con le Diocesi e con le associazioni partner, prima fra tutti "Libera". Un grazie particolare infine a Cinzia Ministeri, instancabile coordinatrice dei progetti e punto di collegamento con tutti i nostri partners.

lunedì 3 giugno 2013

Chi ha paura del tempo indeterminato.

"Le parole sono importanti!" diceva, esasperato, Nanni Moretti in Palombella Rossa, prendendo a schiaffi la sua intervistatrice. Bene, questa scena mi è tornata in mente in questi giorni leggendo delle varie proposte per innescare la ripresa e creare occupazione. Riforme si, riforme no, modifica della legge fornero, riforma dell'apprendistato, flessibilità concordata. E chi più ne ha più ne metta. E se la parolina magica, finora mai sentita, fosse "assunzione a temo indeterminato"?
Mi spiego meglio. Concordo con le modifiche strutturali al mercato del lavoro (che resta comunque una pessima espressione), con i rischi della globalizzazione ed il decentramento produttivo, con le esigenze delle imprese di avere costi sostenibili. Ma tutto questo che c'entra con la semplice, pura verità (e sacrosanto diritto) di avere sempre e comunque un contratto sul quale c'è scritto "assunzione a tempo indeterminato"?
Poi saranno le condizioni di mercato, aziendali, personali a stabilire se quel rapporto potrà proseguire o meno. Ma scrivere -  prima di sapere tutto questo, ipotecando il futuro  -  che quel rapporto avrà comunque un che di precario, è distruttivo. Assumiamo a tempo indeterminato sempre e comunque e vedrete che i consumi ripartiranno, le banche torneranno a concedere mutui, il mercato immobiliare si metterà di nuovo in moto, i costi previdenziali si equilibreranno, generando una spirale positiva che poi avrà ricadute sulle stesse imprese.
Il Parlamento si sbrighi a studiare una legge che aiuti le imprese ad assumere (defiscalizzando oneri sociali, alleggerendo le tasse sul lavoro) in cambio di assunzioni a tempo indeterminato. Non è una questione ideologica, ma di buon senso. Capace di innescare una spirale di fiducia. Troppo berlusconismo brunettiano in salsa sacconiana (forzando anche le parole del povero Marco Biagi) hanno prodotto, negli anni, eserciti di precari senza un futuro. Non sarebbe anche questa una buona proposta di sinistra?

venerdì 31 maggio 2013

Una mia intervista a "Noi Roma" sul "dopo voto". Gli apparati, ahimè, contano ancora tanto.

Ieri sono stato intervistato, un po' sorpreso, da un sito di informazione locale: "Noi Roma". La giornalista era molto ben preparata e con le idee chiare. Non ha fatto domande banali, anzi. Mi ha chiesto della mia Campagna elettorale, conclusa con un buon pacchetto di voti ma non sufficienti; del mio rapporto con i professionisti della politica e di quello che occorrerebbe, adesso, per contrastare davvero l'antipolitica e restituire ai cittadini la voglia (e la certezza) di partecipare.
Qui sotto il link al sito ed all'intervista. Ho detto molte altre cose, ma l'essenza devo dire che è ben riportata.

http://www.noiroma.it/index.php/articoli/4854-la-politica-e’-una-cosa-troppo-seria-per-lasciarla-in-mano-ai-cittadini

Oggi l'Assemblea Bankitalia con le Considerazioni del Governatore. Una radiografia del sistema Italia. Solidarietà e l'impegno ci salveranno.


Oggi Assemblea della Banca d'Italia. Nella snella relazione del Governatore, che vi allego, una fotografia reale dello stato di salute del nostro Paese. Indietro di 25 anni, pieno di incrostazioni e di legacci. Ci salverà, se lo vorremo, una maggiore integrazione europea, una maggiore attenzione alla creazione di posti di lavoro in settori innovativi ma, soprattutto, una nuova idea di soliidarietà che deve fare da collante ad una ripresa che non possiamo più rimandare. Sottolineo  il passaggio sull'aiuto dei governi europei alle loro banche: fiumi di miliardi pubblici. In questo l'Italia (con il solo caso MPS) è andata controcorrente, salvando comunque il risparmio delle nostre famiglie. Sono dati importanti, a pagina 16, leggeteli se avete un po' di tempo.
 
 

giovedì 30 maggio 2013

Il silenzio di un bosco (l'essenziale è invisibile agli occhi).

Mio padre, nell'aprile del 1945, tornò a piedi e con mezzi di fortuna da dove la Marina lo aveva congedato (Napoli) fino su in Liguria, dove vivevano i suoi. Non dava notizie da due anni. Sua mamma lo credeva morto e gli faceva celebrare le Messe dal Parroco del Paese. Arrivò, entrò nella piccola casa contadina, trovò la sua vecchia mamma. Mi disse che non riuscirono a parlare per tantissimo tempo. Si scambiarono un abbraccio forte, profondo, pieno di commozione. Faceva freddo, la casa era poverissima. La prima cosa che fece  fu andare nel bosco a fare legna. Per il camino, per la stufa. Oggi mi torna in mente questo racconto di vita e, finalmente, posso dire che - a 53 anni - lo capisco.
Dopo anni di morti, guerra, bombe, lutti, malattie, sofferenze, trovò il suo bosco come l'aveva lasciato. Silenzioso. Che seguiva i ritmi della natura.
Perchè oggi scrivo di questo? Perchè, nel mio piccolissimo - e papà mi perdonerà per il paragone "blasfemo" -  è come se fossi tornato a casa da una piccola guerra. Della quale, tornando, si fatica a parlare e che molti, distrattamente, non immaginano. La casa di oggi è una città povera e infreddolita, per la quale c'è bisogno di "fare legna". Non è il tempo delle parole, ma degli abbracci. Quelli come papà, quasi settanta anni fa, ricostruirono questo Paese dalle macerie. Nel silenzio, andando all'essenziale. Che poi, come disse la volpe, è invisibile agli occhi.

Legge elettorale. Ma che è il "doppio turno alla francese"? Ce lo spiega Romano Prodi.


Doppio turno alla francese, mono prezzo alla tedesca, paghi due prendi tre. Nella jungla delle proposte politiche di riforma della legge elettorale, un illuminante editoriale di Romano Prodi pubblicato questa mattina sul Messaggero.
Chiaro nella esposizione e nei contenuti. Dopo tutto, la sintesi è semplice: applichiamo il modello di legge elettorale che stiamo utilizzando nelle Amministrative anche a livello nazionale. Diamo ai cittadini la possibilità di scegliere tra molti e poi di focalizzare  la contesa. Vista l'attitudine degli italiani ai distinguo ed alle rendite di posizione, questa soluzione - suggerisce il Professore - appare vincente.

Clicca qui per accedere al sito del "Messaggero" e leggere l'editoriale.

martedì 28 maggio 2013

Il mio risultato. Da qui tutto comincia. Un grazie particolare a.....


IL MIO RISULTATO

A spoglio concluso, non sono stato eletto. I miei circa 600 voti non sono sufficienti ad entrare, nella lista del Pd, nella prossima Assemblea Capitolina. Sono voti numericamente importanti, acquisiti ad uno ad uno, senza un apparato alle spalle, senza un comitato elettorale se non il tam tam degli amici, il porta a porta, la persuasione, i post su fb e qualche sms.
La grande soddisfazione è che questi numeri, per un assoluto outsider, sono eccezionali. Come vedrete nelle altre liste, la media dei voti attribuiti è di 3 - 400, anche di personaggi che da anni fanno politica sul territorio e conoscono i meccanismi di una macchina infernale come quella delle campagne elettorali (per non parlare di "figli d'arte" che si attestano a poche centinaia di preferenze). Per questo, con la sensazione di essere appena sceso da un frullatore, sono molto soddisfatto.
Ma la soddisfazione maggiore, come detto nell'incontro di ieri con Ignazio Marino, è quella di aver contribuito, con forza e decisione, al risultato uscito lunedì sera dalle urne: il Pd è tornato ad essere il primo partito a Roma e Marino va al ballottaggio con 12 punti di vantaggio su Alemanno. E' stato un bel gioco di squadra. Ma non dobbiamo, proprio adesso, allentare la tensione. Manca poco, ma non abbiamo ancora vinto.
Per me, infine, un risultato da cui partire, per non disperdere la grande fiducia che tutti voi mi avete accordato. La mia idea di città solidale sarà portata avanti. Potete starne certi. Roma sta per essere liberata, siamo solo all'inizio.

UN GRAZIE PARTICOLARE 

A Vincenzo Sicchio per i suoi consigli e il suo aiuto professionale, i lay out della mia Campagna, le risposte veloci ed impeccabili; a Giuseppe, Caterina e Loredana Ulivi per i passa parola personalizzaati e l'incoraggiamento; a Francesco Albertini e Lorenzo Reggio per gli imbucaggi nelle zone di Prato Smeraldo, Fonte Meravigliosa e Roma 70; agli amici e colleghi di lavoro (Sergio Gatti, Claudia Benedetti, Alessandro Messina; Cinzia Ministeri) per il sostegno diretto, caloroso, nei loro ambiti di vita e nelle loro cerchie soprattutto nel II Municipio dove ho avuto un risultato insperato; a Francesco e Laura Fornari; agli amici del Gruppo Famiglie, ai ragazzi (e non solo)  della Parrocchia Ss. Annunziata, in particolare a Giovanna Provazza e Maria Rosaria Milana per il tempo dedicato al sostegno della mia Campagna e per i consigli; a Monica ed Alessandro Zangari;  agli amici del gruppo degli SSA; a Marco Pattumelli ed alla sua bella famiglia; a Maria Celeste Gigantesco; a Claudia Badaracchi mia mandataria e supporter tecnico amministrativo davvero instancabile; a Laura Badaracchi per l'aiuto sul versante pubblicistico (insieme a Stefano Trasatti di Redattore Sociale); ad Angela Antonaci, Cristiana Rossi, Rosella Grande ed a tutti coloro (davvero tanti) che mi hanno assicurato voti e sostegno (anche disgiunto!!!) attraverso messaggi e telefonate e che, per i ruoli che ricoprono, voglio proteggere nella propria privacy.

Un ringraziamento speciale va Patrizia Prestipino, che mi ha voluto nel suo comitato elettorale alle ultime Primarie a Sindaco di Roma e con la quale è nata una bella sintonia politica (ragionando di nuovo welfare e sussidiarietà): a lei - ed alla sua speciale instancabile mamma, Signora Luana -  il grazie per questa grande opportunità che mi è stata data, il grande aiuto ed i tanti consigli, e con lei a tutti i ragazzi della sua/nostra squadra (dimentico sicuramente qualcuno): Alessandro Ronzi, Marzia Tamburrino, Federico Tolo, Federica Abatelli, Lucia Palone, Emanuele Forlani, Massimo Minnetti, con i quali abbiamo condiviso incontri per Roma, volantinaggi e gazebo. Ai presidenti dei circoli Pd Aurelio, agli amici del gruppo "Di a Da Sinistra 2.0", ad Agatino Grillo di Democratici Digitali.

Infine, a miei fratelli Stefano e Paolo e soprattutto ad Anna e Sara. Che sono salite con me nel frullatore con sensazioni discordanti: da un lato la speranza del successo, dall'altro quella di rivedermi  un po' di più a casa e di ritornare presto ad una vita normale (la loro, davvero, una forza speciale).

Chiedo scusa ai tanti che sto sicuramente dimenticando. Ma siete nel mio cuore, uno per uno. Sento grande la responsabilità della fiducia che mi avete accordato. Da qui si comincia.

Colpa del Derby.

Alemanno dà la colpa al Derby. Grillo e De Vito (candidato sindaco dei Cinquestelle) danno la colpa ai giornalisti e soprattutto alle scarse risorse economiche (non è che per caso il finanziamento pubblico, con dovuti correttivi, ha lo scopo di permettere a tutti di giocare la stessa partita?). Diciamo che di demagogia colpisce, di demagogia perisce.
Ma, a parte le facili battute, queste sono le ore in cui è evidente come il Candidato Sindaco Ignazio Marino, il Partito Democratico e tutte le liste che lo hanno sostenuto, hanno comunque fatto un gran bel lavoro sul territorio.
Parlando alla gente, consumando le suole delle scarpe, diventando afoni.
Non è ancora il momento di allentare la tensione. Il ballottaggio non è una passeggiata, anche se Marino parte da un buon vantaggio. Ma questa destra romana venderà cara la pelle, non dobbiamo allentare la guardia. Ancora due settimane e poi la liberazione della Capitale.
Per quanto mi riguarda, attendiamo i risultati definitivi. Li commenteremo insieme, vi racconterò le mie sensazioni più profonde di questa campagna che è stata un onore e un privilegio. Grazie a voi.

lunedì 27 maggio 2013

A proposito di calo di affluenza alle urne. Partecipo, ergo sum.

Questa tornata delle Amministrative sta portando alla luce il dato, eclatante, della disaffezione al voto. Un fenomeno già ampiamente noto, non da oggi. Ma che adesso rischia di diventare endemico e - quel che è peggio - sempre più difficile da contrastare.
Prima di tutto va detto, però, che cinque anni fa le Amministrative erano abbinate alle Politiche (pertanto il dato, in assoluto, non è confrontabile), ma questa non può e non deve essere una giustificazione.
Non votare è molto, ma molto peggio del voto di protesta. Votare è comunque segno di voglia di partecipare, di cambiare, di far sentire la propria voce.
Non votare significa aver perso ogni speranza. Ma, soprattutto, non mette neppure più in condizioni più potersi lamentare, dopo. Della serie: "fate quel che volete".
Chi non vota pensa in cuor suo di protestare, mentre così facendo lascia solo campo libero a chi la politica la intende come potere o come terreno di scontro finale tra istituzioni, magari con l'aggravante del populismo. Dimenticando che, invece, politica è solo ricerca, difficile ed affannosa, del bene comune.
Mancano ancora poche ore alla chiusura dei seggi. Chi può e ancora non lo ha fatto, vinca il livore, la pigrizia, la delusione. Comunque, vada a votare. Dia il segno della volontà di esserci, di partecipare, di sentirsi parte di una comunità.

sabato 25 maggio 2013

In questa giornata di silenzio elettorale....


"Se...." 

Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;
Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".

Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!


Rudyard  Kipling


venerdì 24 maggio 2013

A tutti voi che mi avete seguito in questa avventura. Ancora un piccolo sforzo!

Carissimi tutti.

Vi rubo solo un minuto per ringraziarvi ancora tutti del sostegno, dell'incoraggiamento, delle belle parole che personalmente o a mezzo email, mi avete rivolto in relazione alla mia candidatura per il Consiglio Comunale di Roma (la denominazione ufficiale è "Assemblea Capitolina") nel Partito Democratico.

Ormai ci siamo, si vota tra due giorni.

Con questo post volevo  solo chiedervi la massima attenzione per evitare che i vostri voti, e quelli dei vostri familiari magari anziani, siano dispersi o annullati.

Vi riassumo le cose principali:

1. Voteremo con 2 schede. Una azzurra (per Sindaco e Consiglio Comunale), una rosa (per il Municipio).

2. La scheda azzurra - non spaventatevi - è una scheda "monstre" larga oltre 1 metro e trenta. Contiene i nomi dei 19 candidati sindaci (sic!) e le liste che li sostengono.  

3. Sempre nella scheda azzurra, per chi intende sostenere Ignazio Marino Sindaco, lo spazio è il penultimo a destra. Chi desidera votarmi, deve fare una croce sul simbolo del PD (Partito Democratico) e scrivere accanto "MARCO REGGIO". In quel caso il voto va anche automaticamente a Ignazio Marino come candidato Sindaco.

4. E' previsto il cd. "Voto disgiunto" e il "Voto disgiunto di genere" (non spaventatevi nuovamente): con il primo, è possibile votare un Sindaco e, insieme,  un esponente di una coalizione che non lo sostiene (ovviamente dovrà mettere la croce sul nome del Sindaco che intende votare e poi anche sul simbolo del partito - di un'altra coalizione - del candidato Consigliere  che si vuole votare, indicando ovviamente il suo nome a fianco).

5. Per "voto disgiunto di genere" si intende la possibilità di dare 2 preferenze: ad 1 uomo e ad 1 donna. Se votaste due uomini o due donne, il secondo nome sarebbe annullato.  Nel mio caso, non ho "abbinamenti" stabiliti. Ma se non sapeste chi votare, vi suggerisco la giovane Valentina Grippo (anch'essa candidata al consiglio comunale nella lista PD).

6. Per la scheda rosa vale quanto detto ai punti precedenti. E' possibile indicare il candidato a Presidente di Municipio e 2 preferenze di genere (attenzione, sempre un uomo e una donna).

Si vota domenica 26 maggio dalle 8 alle 22 e lunedì 27 maggio dalle 7  alle 15.  Occorre avere con sé un documento valido e la scheda elettorale.

Vi ringrazio della vostra attenzione e amicizia. Indipendentemente dal fatto che possiate votarmi o meno (e farmi votare!), andate alle urne. E' la cosa più bella e importante da fare. Libertà è partecipazione. Nell'interesse di tutti.

Con amicizia. 

Marco

giovedì 23 maggio 2013

Roma Today. Intervista a Marco Reggio Candidato Pd Comune di Roma

Clicca qui per accedere all'intervista pubblicata da Roma Today

Appuntamento oggi al Circolo PD Aurelio

Ricordo agli amici romani che oggi, alle 19, insieme a Patrizia Prestipino, sarò al Circolo PD Aurelio (Via Graziano, 15). Ospite del segretario Claudio Blasi e per presentare anche la candidatura a Presidente del XIII Municipio, Valentino Mancinelli.

Roma al voto. Perchè non si può più votare Alemanno ed una Giunta di destra.

Vorrei, a pochi giorni dal voto romano, provare a spiegare perché non si può proprio più votare ancora Alemanno ed una giunta di destra.
Il disagio che vediamo e viviamo ogni giorno (una città più triste, chiusa in se stessa, paurosa dell'altro, che non ha speranza per i propri figli, che consuma il benessere accumulato dalle generazioni precedenti) è riconducibile ad una politica che, scientemente, ha voluto in questi cinque anni favorire rendite di posizione e gruppi di potere a danno dell'interesse e del bene comune.
Il benessere di una collettività si crea legando assieme i tre grandi "capitali": quello culturale (le conoscenze), quello sociale (il senso di comunità, il rispetto delle regole, l'inclusione, le responsabilità) e quello economico (che, infine,  crea ricchezza ed opportunità). Fino al 2008 Roma, pur tra tante difficoltà derivanti dalle sue dimensioni e dal suo territorio, ha garantito comunque il collegamento tra questi tre "capitali" generando valore diffuso.
Da cinque anni non è più cosi. E i risultati si vedono. E non solo per colpa della crisi.
Faccio un solo esempio: il turismo (da sempre valore primario per Roma). Dal 2008 ad oggi la ricchezza prodotta dal turismo romano è aumentata del 20 per cento. Ma a questa crescita, paradossalmente, ha fatto seguito una diminuzione degli addetti, cioè una perdita secca di posti di lavoro. Perche? Perchè senza alcuna visione prospettica, si è favorito un turismo "mordi e fuggi" (il tempo medio di permanenza di un turista a Roma è di 2,5 giorni contro i 4,5 di Berlino o altre capitali; per non parlare delle navi da crociera che da Civitavecchia inseriscono tour di 6 ore nella Capitale). Il che favorisce sicuramente chi vende bottigliette di acqua minerale a 6 euro davanti a San Pietro, ma non crea benessere sociale. E, quel che è ancora più grave, depaupera il territorio e lo violenta (corollario di questa politica è ormai la totale mancanza di controllo sui pullman turistici che invadono il centro). Favorire le rendite di posizione significa, pertanto, anche essere insofferenti alle regole, non educare alla convivenza civile ed alla legalità, impoverire ed imbarbarire la città.
Lo stesso si potrebbe dire per quanto avvenuto per gli altri tre "pilastri" su cui storicamente si fonda la "ricchezza" di Roma: pubblico impiego (assunzioni clientelari, demotivazione di molti bravi funzionari, favori agli amici); immobiliare (nuove cubature mastodontiche nelle periferie con migliaia di appartamenti vuoti ed invenduti); finanza (accumulazione di ricchezza finanziaria e non per lo sviluppo). Sempre con un obiettivo: salvare rendite di posizione. Una visione suicida  in un contesto di globalizzazione. Le altre Capitali corrono, Roma torna indietro.
Ci si riempie ormai la bocca con il termine "bene comune". Ebbene, come ci insegna uno dei principali Documenti del Concilio Vaticano II, la  Gaudium Et Spes, bene comune non significa "la somma degli interessi individuali", bensì la creazione di quelle condizioni che consentano, a ciascuno, di sviluppare il proprio essere, le proprie aspettative, le proprie attitudini. In altre parole, di realizzare se stessi in armonia con il prossimo.
Con questa visione della cosa pubblica (da cui poi discende tutto: politica dell'ambiente, trasporti, bike e car sharing, assistenza domiciliare ai più esposti, lavoro giovanile, cooperazione, accesso al credito con la microfinanza, sicurezza, ecc.), vi invito ad andare a votare domenica Ignazio Marino Sindaco. E, se lo ritenete, di votarmi nella scheda azzurra facendo una croce sul simbolo del Partito Democratico.
La politica di questa destra che ha governato Roma negli ultimi cinque anni è stata - a dir poco - rovinosa. E' arrivato, davvero, il momento di cambiare.  Coraggio, non perdete la fiducia!

Intervista pubblicata sul sito "Compliancenet.it" . Partendo dal Quaderno sui beni confiscati. Per finire a Roma ed alla mia candidatura.

Clicca qui per accedere al sito compliancenet.it

martedì 21 maggio 2013

Piccolo promemoria per recarsi alle urne!


La politica del cerone



A Roma si avvicinano le elezioni, e si vede. Questa è una strada della zona Sud, fino a pochi giorni fa piena di buche e dossi. Poi, improvvisamente, una mattina, rapidissimi lavori per il rifacimento del manto stradale. Ma solo di un pezzettino, quello bene in vista. Il resto, come prima. E' la politica del belletto, del fondotinta, del cerone. E i problemi, sotto, restano tutti.

Appuntamenti di oggi: The Hub Roma e Città dell'Altra Economia

Oggi incontro allo spazio "The Hub Roma" in Via dello Scalo di San Lorenzo. Ore 13.00

Alle ore 18.00 invece sarò alla Città dell' Altra Economia (Largo Dino Frisullo, 1 - Testaccio) dove è in programma la Tavola Rotonda "Il futuro della città" con Francesco Erbani, Romano Benini, Walter Tocci, Cecilia D'Elia.

lunedì 20 maggio 2013

Eredità Alemanno: cinque incubatori di impresa lasciati morire. Mentre la disoccupazione giovanile è al 40 per cento.


UNA DELLE MANCANZE della Giunta Alemanno che suscitano la massima indignazione, è stata lo scientifico abbattimento di una delle migliori innovazioni della Giunta Veltroni, riconosciuta a livello internazionale: la creazione di cinque "incubatori" di impresa che consentì al Comune di Roma, nel 2006, di essere selezionato dalla Commissione Europea come miglior caso di politiche pubbliche per la promozione di impresa "responsabile" (a coronamento di un grande lavoro progettuale tra pubblico e privato avviato nel 2001).
Dal 2001 al 2007 il Comune di Roma gestì 50 milioni di euro: molti di essi (circa il 70%) andarono direttamente alle imprese attraverso contributi a fondo perduto, prestiti agevolati (convenzioni con la BCC di Roma e Banca Etica), microcredito. Il resto fu investito in servizi e infrastrutture.
Nacquero allora cinque incubatori di impresa, due centri servizio e la Città dell'Altra Economia a Testaccio.
Dal 2008 queste strutture sono state lasciate andare, abbandonate o non manutenute.
In cinque anni la Giunta Alemanno ha chiuso l'incubatore di Corviale (il primo aperto) che arrivò ad ospitare oltre 40 imprese giovanili, attività formative, diventando anche centro convegni (vi passarono Jeremy Rifkin e Vandana Shiva); ha lasciato privi di ogni gestione gli incubatori "Play" e "InVerso" della Garbatella; chiuso il centro per l'impresa responsabile "Respect" anch'esso della Garbatella. Chiusi, infine, i due centri servizio per l'avvio di impresa, a San Basilio ed ancora alla Garbatella.
In tutto questo, è stato lasciato "galleggiare" un progetto innovativo come la Città dell'Altra Economia a Testaccio, basato anche su un eccellente piano di recupero di manufatti industriali del secolo scorso, progetto apprezzato anche in ambito internazionale.
Tutto questo mentre oggi a Roma la disoccupazione giovanile è al 40 per cento. Grazie Alemanno.

Indignatevi!

Centinaia di migliaia di euro spesi dalla destra per convincere gli elettori romani a votare, ancora, Alemanno. E' una vergogna. Alla faccia della crisi, della moderazione, della sobrietà. Una montagna di soldi buttata in manifesti che nessuno più ha voglia di vedere, per non parlare dello stesso Alemanno che - incurante della opportunità che sfocia nel conflitto di interessi - ha tappezzato i "suoi" autobus (magari non quelli fermi nei depositi per mancanza di manutenzione) con la sua immagine con tanto di fascia tricolore
E voci dalla città (una città con la disoccupazione giovanile al 40 per cento, sempre più incupita) raccontano di cene elettorali per centinaia di persone nel peggior stile della destra cittadina. Ma di cosa ci si deve indignare se, come ieri a Report, si viene a sapere che Berlusconi fa sconti del 90% al suo partito per pubblicità elettorale sulle reti Mediaset o suoi giornali? Quando si riuscirà a sbrogliare questa matassa di interessi dei pochi a svantaggio dei tanti?
Questo Paese e questa città devono dimostrare di avere ancora la capacità di indignarsi, di prendere in mano il proprio destino con un voto libero.

Istantanee dal Salone del Libro di Torino: "Dal bene confiscato al bene comune" - 17 maggio 2013




Torino, Salone Internazionale del Libro, 17 maggio. Due momenti della presentazione del volume "Dal bene confiscato al bene comune", curato dal sottoscritto per la collana "Quaderni" della Fondazione Tertio Millennio Onlus (Edizioni ECRA). Nella prima foto, da sinistra M. Reggio, Sergio Gatti (Dg Federcasse), Alessandro Azzi (Presidente Federcasse), Gianfranco Fabi (Radio 24), don Luigi Ciotti (Libera), Giancarlo Caselli (Procuratore Capo Repubblica di Torino).

Nella seconda, il Procuratore Caselli, mostra il libro accompagnandolo di parole lusinghiere: "C'è bisogno di strumenti come questo per educare alla partecipazione ed alla legalità".

martedì 14 maggio 2013

"Dal bene confiscato al bene comune" Venerdì 17 maggio al Salone del Libro di Torino.

Venerdì 17 maggio sarò a Torino a presentare, al Salone del Libro, il volume "Dal bene confiscato al bene comune", di cui sono curatore, redatto in collaborazione con l'associazione antimafia "Libera" e pubblicato dalla casa editrice Ecra.
Alla presentazione, alle ore 14 presso lo "Spazio Incontri" del Padiglione 2, parteciperanno il presidente di "Libera" don Luigi Ciotti, il Procuratore Capo della Repubblica di Torino Giancarlo Caselli ed il Presidente e il Direttore di Federcasse (l'associazione delle Banche di Credito Cooperativo italiane) Alessandro Azzi e Sergio Gatti. Coordina il giornalista Gianfranco Fabi di Radio 24.
L'idea da cui nasce questo Documento mi è venuta sulla scorta dell'esperienza maturata con il sostegno, attraverso le BCC e la Fondazione Tertio Millennio - Onlus, ad alcune cooperative di giovani in Puglia, Calabria, Campania e Sicilia che coltivano terreni confiscati alla criminalità organizzata. Il lavoro che fanno questi giovani è incredibile. Vivono, sopportano e superano condizionamenti ambientali, difficoltà burocratiche e di accesso al credito (hanno i beni in comodato gratuito e quindi le banche non concedono prestiti in mancanza di beni in garanzia) svolgendo al tempo stesso una insostituibile azione di difesa della legalità ed educando, ancora una volta, alla democrazia economica ed alla partecipazione. Sono davvero, come tanti altri, gli eroi silenziosi del nostro tempo. E che dimostrano come il nostro Paese sia decisamente migliore di coloro che lo rappresentano. A Torino parleremo di tutto questo: di come aiutare a diffondere una esperienza virtuosa. Se avrete piacere, per chi potrà, appuntamento venerdì al Lingotto.

lunedì 13 maggio 2013

Ius soli. E' latino. Forse per questo la Lega non capisce

Sentivo Radio 24 stamattina, in auto. Il tema: la cittadinanza ai figli dei lavoratori stranieri nati in Italia: da subito, per il solo fatto di essere nati qui (e non dopo 18 anni, se tutto va bene). E' il famoso "ius soli" (diritto che deriva dal luogo) che trovo essere una elementare, ovvia, regola di civiltà.
Nel dibattito radiofonico, un deputato leghista, continuava - con estrema difficoltà - a girare attorno al problema buttandola, come diciamo qui a Roma, in "caciara". Con la solita storia degli immigrati che prima devono imparare i nostri usi e costumi, la nostra lingua, le nostre tradizioni... e poi, forse, dopo... Dimenticando il fatto che qui si stiamo parlando di "nuovi nati". Bambini nati qui. Che vanno a scuola qui. Che imparano da subito l'italiano, la nostra storia, la nostra cultura. Che si sentono italiani da subito. Che non hanno discriminazione alcuna in classe (perchè i nostri figli sono molto meglio di noi). Che accidenti c'entra la storia dei loro genitori? E' una colpa l'essere figli di immigrati (regolarmente in Italia per lavorare e pagare le tasse?).
Anche qui si gioca sporco, facendo leva sulla paura del prossimo, del "diverso". Ma diverso da chi?
PS: al deputato leghista, di cui non ricordo il nome, vorrei dire che ci sono moltissimi italiani che non sanno l'italiano, non conoscono la storia e la  cultura del nostro Paese. Di questi che facciamo?

Signora, permette una parola? Sono un candidato vero, non sul volantino.

Sabato scorso, pomeriggio, al gazebo del Comitato Marino di Viale America all'Eur. Con gli amici che si candidano al IX municipio (ex XII), Marzia Tamburrino e Alessandro Ronzi per il Pd e Federico Tolo per la lista Civica Marino. E' sempre bello incontrare la gente, permette di capire meglio di qualsiasi altra cosa l'umore vero della tua città. I suoi bisogni, i suoi timori, le sue speranze.
C'è chi ti ferma e volentieri scambia due parole sul Partito (punto davvero critico dopo le ultime vicende sul Quirinale), chi svicola e taglia corto, chi non si ferma ma a bassa voce dice "mandate via questa destra!". 
La tattica vincente? Far capire che quella persona sul volantino che porgi non è lontana chissà dove ma lì davanti a loro. "Ha mai visto un candidato farsi il proprio volantinaggio"? "No, veramente". Ecco. Questo fa la differenza!
A parte tutto, vorrei fare una riflessione di fondo: c'è tanta difficoltà a fermarsi un attimo, a guardarsi negli occhi, a scambiare due parole. Sempre di corsa, sempre di fretta. Che poi è una fretta evidentemente irrazionale, forse ostentata proprio per non avere la scocciatura del doversi confrontare. Questa è la Roma che non mi piace, che non credo piaccia a nessuno. Lo capisci quando, finalmente, trovi la parola giusta, il sorriso, il pretesto per presentarsi e presentare quello che hai da dire. Le persone si sciolgono, hanno "fame" di contatti e di scambi. Anche questo timore è  una eredità pesante che dobbiamo cancellare. Coraggio, mancano pochi giorni e finalmente torneremo a sorridere.

venerdì 10 maggio 2013

E' il mercato (della politica), baby.

Credo non ci sia niente di peggio, e di più pericoloso, della deriva populista. Perchè - la Storia ce lo ha insegnato - questa è un fiume ingovernabile che, come tutti i corsi impetuosi,  travolge ogni cosa. Buona o cattiva che sia. E peccato per chi ci resta sotto.
Uno dei temi preferiti per questo genere di deriva è, da un po' di tempo,  il "costo della politica". Fermo restando che nessuno, proprio nessuno, credo abbia più voglia di accettare o giustificare sprechi, prebende ignobili, quadrupli incarichi e quant'altro, credo sia però necessario anche in questo caso procedere con equilibrio. Lo spunto per questo post me la dà la notizia dei conflitti anche aspri nel Movimento Cinque Stelle a proposito del limite dei 2.500 euro di stipendio per i loro giovani parlamentari . I quali, prima delle elezioni - molti di loro precari o giovani disoccupati - avrebbero sottoscritto (come poi hanno fatto) ad occhi chiusi un simile trattamento. Ma, c'è un però...
La politica attiva, quella che si fa tra la gente, in una città costosa e immensa come Roma, a patto di volerla fare bene, costa. E pure parecchio. E, credetemi, 2.500 euro sono davvero pochi per questo genere di impegno. Chi ha obbligato questi ragazzi ad accettare tale limite (magari da un villone in collina, con conti in banca a sei zeri guadagnati, lo sottolineo, con merito nei palasport e in anni di carriera) o non sa di cosa parla (e non lo credo) oppure gioca ad un gioco che non comprendo.
Qui si tratta di stabilire il giusto compenso per una giusta attività. E qual è il parametro del "giusto"? Non la media dei pareri via web (se votano mille persone che guadagnano cinquecento euro al mese il risultato è scontato), ma, più semplicemente, la possibilità di svolgere il proprio lavoro LIBERAMENTE, senza vincoli con chicchessia e di chicchessia. Impegnando intelligenza, tempo, risorse personali anche, come accade, a scapito di molti sacrifici. E' il mercato (della politica), baby. Il resto, appunto, demagogia.

martedì 7 maggio 2013

Respirare al ritmo di Roma. Appunti di campagna elettorale.

La mia Campagna elettorale prosegue con impegno e senza sosta. Non ho un apparato alle spalle, non ho un comitato elettorale eppure me la sto giocando tutta, questa opportunità. Incontrando persone, proponendo incontri, sollecitando idee, e tanto altro. Penso che essere candidato alla Assemblea Capitolina (oggi questa è la denominazione corretta del Consiglio Comunale) sia prima di tutto un onore. Girare per la città e guardarla con gli occhi di chi, domani, potrebbe essere chiamato a concorrere a decisioni importanti, fa la differenza. Millenni di storia, una bellezza a volte commovente, milioni di persone che ogni giorno si muovono al suo respiro. Credetemi, dà i brividi.
Ci penso la mattina presto, quando la città si risveglia; uomini, donne, ragazzi e ragazze, anziani, immigrati, questa varia umanità è l'anima di Roma. Non so quanti, tra coloro che si apprestano a guidare questa città,  abbiano questa consapevolezza profonda: vale a dire la responsabilità di un mondo intero e delle sue aspettative, le sue speranze, la sua voglia di un ambiente migliore nel quale vivere e crescere i propri figli.
Naturalmente non so come andrà a finire. Ma non è questo il punto. Il mio obiettivo principale è seminare idee nuove per la politica: come l'uso del microcredito per fini di sviluppo; tradurre in pratica i nuovi indicatori del benessere sociale; ragionare su forme nuove di integrazione tra pubblico e privato nella gestione del welfare cittadino, studiare  nuove soluzioni per l'accesso al bene-casa per le giovani coppie.  E molto altro. Se si guarda alla politica come "servizio" alla comunità, tutta la prospettiva cambia. Il bene comune non è, come molti erroneamente credono, la sommatoria degli interessi individuali, bensì il punto di incontro tra questi. Un punto di incontro che non può che passare dalla attenzione ai bisogni, dalla partecipazione, dalla solidarietà, dalla consapevolezza di essere comunità.