lunedì 27 maggio 2013

A proposito di calo di affluenza alle urne. Partecipo, ergo sum.

Questa tornata delle Amministrative sta portando alla luce il dato, eclatante, della disaffezione al voto. Un fenomeno già ampiamente noto, non da oggi. Ma che adesso rischia di diventare endemico e - quel che è peggio - sempre più difficile da contrastare.
Prima di tutto va detto, però, che cinque anni fa le Amministrative erano abbinate alle Politiche (pertanto il dato, in assoluto, non è confrontabile), ma questa non può e non deve essere una giustificazione.
Non votare è molto, ma molto peggio del voto di protesta. Votare è comunque segno di voglia di partecipare, di cambiare, di far sentire la propria voce.
Non votare significa aver perso ogni speranza. Ma, soprattutto, non mette neppure più in condizioni più potersi lamentare, dopo. Della serie: "fate quel che volete".
Chi non vota pensa in cuor suo di protestare, mentre così facendo lascia solo campo libero a chi la politica la intende come potere o come terreno di scontro finale tra istituzioni, magari con l'aggravante del populismo. Dimenticando che, invece, politica è solo ricerca, difficile ed affannosa, del bene comune.
Mancano ancora poche ore alla chiusura dei seggi. Chi può e ancora non lo ha fatto, vinca il livore, la pigrizia, la delusione. Comunque, vada a votare. Dia il segno della volontà di esserci, di partecipare, di sentirsi parte di una comunità.

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