venerdì 18 ottobre 2013

Larghe intese, Pd attento.

Dico la mia sulle "larghe intese". Quando nacque questo Governo, una cosa era chiara (almeno nelle parole del Capo dello Stato). Si doveva fare la legge elettorale, avviare il percorso delle riforme, mettere in sicurezza i conti pubblici. Poi, semmai, si sarebbe tornati a votare.
A più di cinque mesi dal suo avvio, il Governo Letta si affanna a navigare nel mare agitato dei contrappesi. Un governo in cui stanno Pd e Pdl (quest'ultimo ormai nella fibrillazione costante della condanna di Berlusconi) non potrà ovviamente che approvare provvedimenti nè neri nè bianchi, non troppo decisi di qua o di là, che fanno ma non tanto, che tolgono ma non tanto, che danno ma non tanto. Insomma, forse quanto di peggio ci vorrebbe per un Paese malato come il nostro.
Ma c'è, dietro tutto questo, un trappolone. Si chiama "tempo". Più si va avanti con le larghe intese, più il Pd si autologora. E sfianca quei pochi tenaci che ancora, nonostante tutto, pensano che votare Pd sia - se non un affare - il male minore.
In questi mesi non c'è stata una cosa di sinistra, nel senso di iniziativa "percepita come tale" dal popolo di sinistra: si poteva forzare la mano sull'Imu solo per i ricchi (non si è fatto); si poteva in questa ultima manovra aumentare la tassazione delle rendite finanziarie (non si è fatto, anzi si è aumentato il bollo sul dossier titoli, quindi lo pagano anche i pensionati con i soli Bot); si è arrivati ad osteggiare l'amnistia (da sempre cavallo di battaglia a sostegno della questione carceraria) che adesso - si è rovesciato il mondo - viene promossa dal Pdl nella speranza di infilarci dentro il Cavaliere.
Ma quello che rimprovero al Pd è che in questi mesi non ha osato. Berlusconi, come poi si è visto nel ridicolo voto di fiducia il 2 ottobre, avrebbe digerito qualsiasi cosa pur di scongiurare il voto contrario nella Giunta per le elezioni (che poi, a conferma di questa mia tesi, c'è stato ugualmente). Silvio non potrebbe mai permettersi la fine delle larghe intese: giacchè governa senza aver vinto le elezioni, è un morto che cammina (politicamente parlando) eppure fa lo statista,  si fregia davanti al suo elettorato come il baluardo anti tasse.
Attento Pd. Più tempo passa più quel signore si organizzerà e venderà fumo agli italiani. Quando si voterà, il Pd presenterà un governo che non ha osato, ha subito la demagogia populista e sarà facilmente accusato di essere stato quello che avrebbe voluto le tasse. Ma che il Silvio nazionale ha prontamente scongiurato. Si chiamano pelotas in spagnolo, bolas, sfere, quelle che ci vorrebbero da una classe dirigente degna di questo nome.

mercoledì 16 ottobre 2013

Il sorriso di Priebke.

«Non so se vale la pena di fare tanto rumore, intorno alla morte d’un nazista come Priebke. Non so nemmeno quanto conti il luogo e il modo in cui viene sepolto. Alla fine, da qualche parte deve pur essere messo. Io non proclamo la vendetta su un morto e credo che la gente non dovrebbe chiedere vendetta. Lui non è energia: è solo cenere e tenebre». Sono parole di un sopravvisuto alla Shoah, Aaron Appelfeld, oggi sul Corriere della Sera. Parole durissime. Più oltre aggiunge: "Queste sono persone che hanno vissuto seminando odio, morire raccogliendo odio è quasi una soddisfazione postuma. Vanno sepolte e basta, come si fa con tutti i grandi criminali. Senza onoranze. Senza parole. I loro delitti sono storia, la loro morte è solo cronaca».
Mi ha colpito molto il concetto di odio cercato, quasi una soddisfazione maligna. E mi è tornata in mente una immagine più volte mandata in onda dai Tg in questi giorni: è la sequenza in cui Priebke, in Tribunale a Roma, si fa spiegare dall'avvocato quello che ha appena sentito in italiano e non capisce: la sua condanna all' "ergastolo". In quella sequenza, Priebke non fa una piega, ma accenna ad un sorriso che raggela. E' il sorriso dell'odio ancora vivo. Di chi pensa: "siete ancora delle nullità".
A volte pensiamo che con il tempo l'odio si affievolisca. E' naturale sia così, tra umani. Ma ci sono persone, come Priebke, che si sono spinte talmente "oltre" da aver perso il senso della realtà, per non parlare della pietas che, almeno con l'età, dovrebbe farsi strada lentamente nell'animo e nel corpo che piano piano si consuma. Non è successo nulla di questo, con Priebke.
Penso dovrebbe essere questa, allora,  la "lezione" di questi giorni: il male non è un accidente, ma una scelta. La libertà dell'uomo consente questo. E il male o il bene sono il discrimine tra caos e armonia. Scegliere il caos significa vivere nelle tenebre. E nutrirsi del male stesso. Su questo dovremmo riflettere. E insegnare ai giovani che quanto accaduto settanta anni fa potrebbe, per questo, ripetersi se non si vigila.

giovedì 10 ottobre 2013

Sono contro. Ergo sum.

Emblematico il post di Beppe Grillo dedicato, stamattina, al tema della revisione normativa del reato di immigrazione clandestina.
"Non è nel nostro programma", dice Grillo. Pertanto non se ne deve neppure discutere. E aggiunge: "Se avessimo fatto questa proposta in campagna elettorale, avremmo avuto un consenso da prefisso telefonico".
Emblematico, perchè il decidere la linea politica sulla base del consenso che se ne può ottenere è esattamente la logica che i "grillini" dicevano di voler combattere. E' la logica di Berlusconi che sonda prima il terreno e poi, se gli conviene, annusa il sentimento popolare e ci costruisce una proposta politica.
Ma la "politica", quella con la "p" maiuscola (che poi dovrebbe voler dire occuparsi del bene collettivo) è l'esatto contrario dell'assecondare le pulsioni popolari. Grillo dovrebbe rileggersi (ma sarebbe meglio dire, credo, "leggersi") pagine di Platone, Aristotele, fino ai più recenti Montesquieu o dei nostri più prossimi De Gasperi o Sturzo. La Politica, a volte, proprio perchè si pensa debba essere affidata ai "più iluminati tra gli Uomini", è l'arte della visione e della pre-visione; del guardare oltre l'immanente e la pancia, del saper disegnare una società migliore dove sia possibile vivere in pace e benessere.
Così resta l'amarezza non tanto per il "post" (uno dei tanti) che non aggiunge nulla all'esistente; ma per la conferma che, per il M5S, quello che conta è il consenso ed il potere fine a se stesso. Che poi si perpetua con la litania del "questo no, questo nemmeno" che non è un disco incantato, ma una precisa strategia di sopravvivenza. Senza nemici, non esisterebbero. Non è questa la Politica che voglio.

venerdì 4 ottobre 2013

Il modello X factor e le vittime di Lampedusa

Di fronte alle cronache del dolore da Lampedusa (su tutte, suggerisco anche la lettura del reportage di Domenico Quirico oggi sulla  Stampa), l'istinto sarebbe quello di tacere. "Oggi è il giorno del pianto" ha detto poco fa Papa Francesco ad Assisi.
Ha ragione. Ma tacere non deve diventare un alibi. E' straziante l'immagine di quelle centinaia di corpi ammassati nell'hangar dell'aeroporto. E sapere che dentro quei sacchi verdi e blu ci sono bambine con i capelli ricci e neri e le scarpine di vernice, ragazzi con le foto dei genitori nella tasca dei jeans, persone. Che avevano un nome, una storia, una vita.
Se non si entra in questa dimensione, non si potrà mai comprendere la follia - prima di tutto - del reato di immigrazione clandestina inventato, per primi al mondo (cosa di cui non andare fieri), proprio dal nostro Paese. Impacchettare tutto con il termine "clandestino" significa non voler sapere, o immaginare, che dietro ogni "clandestino"  c'è una storia, un nome, una famiglia, una speranza di vita migliore. Dove è finita l'idea di solidarietà sulla quale si è costruito l'ideale dell'Europa unita. Ma, aggiungo, dove è finita l'idea di solidarietà che ha sempre fatto del nostro Paese un modello di integrazione, vita collettiva, benessere sociale? Non mi spingo a parlare dell'idea di fraternità e reciprocità, non è questo il luogo. Ma siamo stati portatori, dal Medioevo a tutto l'800, di una idea di convivenza civile e modello economico basati sulla ricerca del bene collettivo. Senza dire "tu si", "tu no". Con quale diritto si può dire "tu si" , "tu no"? Non siamo a X factor. Ma X factor è, rapportato alle situazioni,  il modello cui tutti, oggi, anche inconsapevolmente, tendiamo. Un modello che ci gratifica e ci rassicura (perchè scegliamo ed escludiamo).
Il mix perverso di queste  mancanze determina tragedie come quelle di Lampedusa. Da un lato l'Europa che considera l'immigrazione mediterranea un problema italiano; dall'altro l'Italia che improvvisamente scopre, dopo un ventennio di ubriacatura dopante, di essere un Paese di frontiera, pieno di problemi, che ha chiuso troppe volte gli occhi. Sappiate, sappiate, che dal 2000 ad oggi sono almeno 6.700 i corpi di uomini, donne e bambini che giacciono nel Canale di Sicilia. Chi darà loro giustizia? Sono morti in nome di quale Dio?
Non ho una soluzione, ovviamente. Ma questa non può che essere frutto di una consapevolezza profonda. Della tragedia di esseri umani e della necessità che un intero Continente unisca le forze per evitare altre Lampedusa. Ma la soluzione deve anche passare per le norme, per il diritto positivo. Cambiare la Bossi Fini, cancellando il reato odioso di clandestinità, avrebbe una enorme valenza culturale e contribuirebbe a riportare il dibattito sull'immigrazione (ineluttabile, ineliminabile) su un terreno dove trovare soluzioni e sul quale confrontarsi. Senza la scorciatoria del "tu si", "tu no". Preghiamo per i morti di Lampedusa e per tutti coloro che sono state vittime del nostro telecomando.

martedì 1 ottobre 2013

Il grande statista

Il grande statista (sembrerebbe il titolo di una canzone di Samuele Bersani). Allora, il grande statista prima fa dimettere i suoi parlamentari, il che blocca naturalmente l'attività di governo chiamato, nelle stesse ore, ad assumere impegni di miliardi per il Paese (nessuna certezza di convertire i provvedimenti in legge); poi fa dimettere i suoi ministri rovesciando la frittata e facendo intendere che è per colpa del governo che non avrebbe evitato l'aumento dell'Iva..... Ma vabbè, andiamo oltre. Insorgono i Vescovi, la Confindustria, le Banche, le Assicuazioni, le piccole e medie imprese e gli stessi ministri "dimissionati" che a quel punto si mostrano recalcitranti; risale lo spread, crolla la borsa. Il grande statista, allora, dice "vabbè, ma possiamo comunque votare la legge di stabilità, poi ritoccare nuovamente l'Iva al ribasso e andare a votare". Si, ma per fare questo ci sono 2 strade: o si ritirano le dimissioni dei ministri e il governo va avanti come se nulla (o quasi) fosse successo, oppure in parlamento si vota la fiducia ormai richiesta (ovviamente, è il minimo) da Letta. Il grande statista allora capisce che è in una specie di vicolo cieco, da lui stesso imboccato. Comunque vada ci fa la figura che immaginate. Che grande Paese il nostro! Che uomini! Silvio, anni sereni (con il plaid sulle ginocchia) è il minimo che ti si possa augurare.