lunedì 31 marzo 2014

Disagio latente

A volte penso di scivolare lentamente verso l'isolamento (politico, intendo). Sarà perche ho superato i 50, sarà perche ne ho davvero viste già tante, sarà perchè sono stato educato al rispetto di tutti (e a dialogare con tutti sapendo che la tua idea potrebbe non essere la migliore). Per questo, nel leggere e sentire i "Renzians" (Renziani Hooligans) scagliarsi contro chiunque osi alzare un sopra...cciglio contro metodi e meriti considerati pericolosi, mi fa un brutto effetto.
Abbiamo combattuto (lo dico per chi nel 1994 aveva i pantaloncini corti o giocava con le Barbie) contro 20 anni di berlusconismo accusandolo di aver creato un partito a misura sua personale, "leggero" e antipolitico, allergico alle regole e tanto meno al confronto. In questo periodo ci sono stati personaggi come Pietro Grasso (che ho avuto l'onore di conoscere a Palermo) che hanno lottato in prima linea contro la mafia a fianco di Falcone e Borsellino, hanno raccolto la loro eredità sacrificando pesantemente affetti e vita familiare (chiedetelo ai figli cosa significa) per dire a tutti noi che l'esempio della legalità e del rispetto delle leggi e delle regole è un baluardo della nostra piccola e fragile democrazia.
Ora, sentire i "Renzians" parlare di Grasso come di un "privilegiato", che deve "andare a casa" o "ringaziare il Partito che lo ha eletto" solo perchè ha - peraltro nel suo stile pacato, quasi timido - messo in guardia da una riforma del Senato che potrebbe avere effetti opposti alla semplificazione prevista (allentando, in sintesi, i già deboli legami tra elettori ed eletti, soprattutto quando questi ultimi decidono del futuro di tutti) non mi va giù.
D'accordo la novità, d'accordo i quarantenni, ma qui si discute del futuro del nostro assetto istituzionale. E, se permettete, tendo ad ascoltare con estrema attenzione più le parole di Grasso che di un manipolo di quarantenni che hanno vinto la lotteria e postano "selfie" sorridenti, stupiti per trovarsi seduti (senza alcun investimento popolare) ai tavoli che contano. E adesso crocifiggetemi.

mercoledì 19 marzo 2014

Historia Magistra Vitae


IL 13 MARZO 1938 la Germania nazista, con Hitler al potere, annunciò l'annessione (Anschluss) dell'Austria. Giustificandola con la necessità di riunire sotto la stessa grande Patria i tedeschi "esuli" in quel Paese e nel rispetto della loro... volontà. Perchè non sembrasse una violazione del diritto, il 10 aprile 1938 si tenne un "referendum" popolare contenente una semplice ma sibillina domanda: "Sei d'accordo con la riunificazione dell'Austria con il Reich tedesco avvenuta il 13 marzo 1938 e voti per la lista del nostro Führer Adolf Hitler?". La scheda, che riporto qui in foto, era uno smaccato e violento sfregio alle più elementari regole della democrazia (fa orrore la sproporzione tra il cerchietto dei "si" centrale e quello dei "no" in basso a destra). Al referendum vinsero i "si" con oltre il 90 per cento.
L'Austria venne annessa. Nello stesso anno, in settembre, la storia si ripetè con il territorio dei Sudeti (dove vivevano tedeschi nelle regioni della Boemia e Moravia) ma stavolta per un accordo politico (Patto di Monaco). Il 1 settembre 1939 Hitler invase la Polonia da Ovest (il 17 settembre l'Unione sovietica la invase da Est). E le potenze occidentali, fino ad allora timidamente silenti, non poterono più star ferme.
Non aggiungo altro. Ma è importante conoscere, sapere, ricordare, vigilare.


giovedì 13 marzo 2014

Fortunato il popolo che non ha bisogno di eroi


“Fortunato il popolo che non ha bisogno di eroi”, scrisse Brecht. Mi è venuta in mente questa frase leggendo stamattina i commenti al piano shock per rilanciare consumi ed occupazione presentato ieri da Matteo Renzi, presidente del Consiglio e leader del Partito Democratico.
Un coro pressoché unanime di consensi, dal sindacato a Confindustria (tranne i contras per definizione, vale a dire i Cinquestelle e la Lega, in buona compagnia con i  Fratelli d’Italia).
Perfino Marcello dell’Utri, ex braccio destro del Cavaliere, si è lanciato in lodi sperticate del giovane Premier  capace – a suo dire -  di ammaliare, convincere, portare empaticamente tutti dalla sua parte.

Insomma, se c’era bisogno di un nuovo “eroe popolare”, forse l’abbiamo trovato.
Tutto bene? Non so.

Non entro nel merito delle misure (che, ho già scritto, spero davvero siano realizzabili nei tempi indicati: l’aumento degli stipendi più bassi, l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie, perfino un nuovo fondo per le imprese sociali, le riforme di lavoro, fisco, giustizia…).
Volevo però, staccandomi dalla figura di Matteo Renzi che ammiro ma non invidio per il suo piglio e il suo coraggio sfrontato, considerare il quadro che abbiamo davanti e sotto gli occhi: un parlamento di nominati che fatica a fare una legge elettorale in grado di ridare effettivo potere agli elettori; un governo che non nasce dalle urne e dalla volontà popolare  ma da una indubbia forzatura istituzionale (peraltro senza un voto di sfiducia parlamentare al governo precedente); un premier che non è neppure parlamentare e che quindi de facto non rappresenta nessun italiano, ma ha un potere immenso.
E in questo clima che succede? Che tutti, o almeno la stragrande maggioranza degli italiani dice: “speriamo ce la faccia” (io compreso). Affidandosi a questo giovane quarantenne che promette di prendere in mano la situazione e cambiarla radicalmente. Insomma, un “eroe” cui affidare le poche risorse rimaste. Perché non di esauriscano del tutto.
E’ questa la vera anomalia della situazione, che ci fa capire come siamo in una terra di mezzo. Non potremmo chiamarla “democrazia” nel senso dell’esercizio più puro della rappresentazione formale della volontà popolare, non possiamo ovviamente chiamarla “dittatura” perché questo non è. Come definirla, allora?

Non lo so. La cosa bizzarra è che tutto questo è avvenuto nel rispetto “formale” delle leggi vigenti. Ma qui nasce il dubbio amletico: e se la legge, troppo spesso costruita ad arte, fiaccasse lentamente la capacità di tenuta del paese sotto il profilo della partecipazione democratica? Matteo Renzi e il Pd sono consapevoli di questo subdolo meccanismo perverso che oggi li sta beneficando?  Non mi piacciono i tanti segnali inquietanti di insofferenza verso chi “non capisce” questo "decisionismo" o prova a sollevare dei dubbi che ritengo legittimi. Non tanto nel merito,  ma nel metodo. La forma è sostanza, no?
Penso allora che il compito della buona politica  – oltre al “fare” cose buone per il bene comune – sia oggi più che mai quello di vigilare sulla difesa dei principi grazie ai quali il nostro Paese, dopo il dramma della guerra, è potuto crescere e diventare spesso modello di riferimento. Principi che si chiamano “partecipazione”,  condivisione, creazione faticosa del consenso in grado di rappresentare le complessità di un Paese complicato come il nostro.

E’ faticoso, si. Molto. Ma è un buon investimento per il futuro. Nostro e dei nostri figli.