mercoledì 24 luglio 2013

La Consulta, l'acqua calda e la Fiat.

Ieri la Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale, lo scorso 3 luglio, aveva dichiarato incostituzionale l'art. 19 dello Statuto dei lavoratori (strumentalmente utilizzato da Fiat per estromettere la Fiom dalla contrattazione aziendale) nella parte in cui riconsce solo ai sindacati firmatari degli accordi nazionali legittimità di rappresentanza.
Detto così sembra sindacalese difficile da capire. In realtà è una cosa semplicissima: tutti i sindacati, in quanto libere associazioni di lavoratori, hanno diritto di essere rappresentati in quella azienda nella quale lavorano i propri iscritti. E non solo quelli che sono d'accordo con "il padrone".
A chi ha la memoria corta ricordo che  la Costituzione sancisce l'illegittimità di ogni forma di discriminazione (tanto meno su basi ideologiche) e - soprattutto - difende il libero associazionismo sindacale. Con tutto ciò che questo comporta.
Ora, verrebbe da dire, ieri la Consulta ha presentato la ricetta dell'acqua calda.
Già, perchè fino a pochi anni fa una "querelle" del genere non sarebbe mai neppure nata. Sarebbe stato ovvio, nella "coscienza sociale" del Paese, considerare quella di Marchionne e della Fiat che mostra i muscoli (fuori la Fiom dalla fabbrica) una battaglia squisitamente ideologica, senza alcun fondamento legale e giuridico. Combattuta in nome del profitto e del Dio mercato.
Eppure questa "querelle" non solo è nata, ma si è trascinata stancamente (a parte la lotta ammirevole della Fiom nel far riconoscere un sacrosanto principio costituzionale) fino ad oggi. Senza un dibattito pubblico nè, tantomeno, un "tavolo" governativo nel quale un qualsiasi Premier con le palle avrebbe dovuto battere i pugni e richiamare lo svizzero torinese dal maglioncino blu al rispetto basico delle norme sulle quali si è sempre  fondata la democrazia di questo Paese.
Sfiga ha voluto che questa vicenda nascesse e si trascinasse nel peggior periodo della storia Repubblicana. Da ministri del lavoro e del welfare che teorizzavano la flessibilità precaria, cosa ci si sarebbe dovuti aspettare?
Ecco perchè la notizia di ieri "fa bene" al Paese. Per due motivi: primo, perchè ci fa capire che, nonostante tutto, la nostra Costituzione è davvero la più bella mai scritta (basterebbe solo applicarla, non cambiarla); secondo, perchè ci fa capire come ci sia bisogno di regole,  e di Autorità che siano in grado di farle rispettare. Resta la tristezza di aver visto la ricetta dell'acqua calda spacciata e commentata da tanti Soloni come notizia rivoluzionaria. Ma, oggi, questo offre il convento.

martedì 23 luglio 2013

Intervista a margine del Convegno della Fondazione ForTes (Siena, 5 luglio 2013)

A margine del Convegno della Fondazione ForTes (Siena, 5 luglio 2013)

Lo scorso 5 luglio ero a Siena, ospite della Fondazione ForTes (Formazione per i Quadri del Terzo settore). Discutendo di mutualità territoriale. Al termine, ho rilasciato una breve intervista che ritrovo su You Tube. La "posto" sul mio blog per contribuire a sviluppare un dibattito, che credo importante, sul ruolo della cooperazione nelle strategie di sviluppo del sistema Paese. Cooperazione come modello di impresa partecipativa e solidale. Basata, cioè, prorio su quelle caratteristiche che oggi si avvertono come deficitarie in un contesto di crisi che tende a stressare le rendite di posizione e gli egoismi di parte. L'intervista si può vedere cliccando sul link qui sopra.



lunedì 15 luglio 2013

Calderoli, ovvero dell'offesa infantile (o dell'incolto)

Da ieri ne stiamo leggendo tante di reazioni e commenti all'offesa (grave, ingiustificabile) del Vice Presidente del Senato, il leghista Calderoli, al Ministro Kyenge, di origini congolesi. Mi ripugna ricordarlo, ma devo - per proseguire nel mio ragionamento - di quale offesa si parli: l'aver affermato, tra le risa sguaiate degli astanti ad un comizio lumbard, che la "ministra mi ricorda un orango".
Orbene, l'offendere per "associazione" (tu assomigli, tu sembri) è qualcosa che facevamo da ragazzini a scuola quando non si aveva l'ardire (o la forza) per affrontare lo sfacciato di turno. Gli si riversava addosso un insulto che speravamo lo potesse ferire, magari evidenziando alcune caratteristiche fisiche (grassottello = cicciobomba; magrolino = tisico, ecc.).
A parte la gravità dell'insulto da parte del Vice Presidente del Senato, e quindi non di un ragazzino nel cortile di una scuola, mi sembra che questa offesa evidenzi l'infantilismo oggettivo di Calderoli (che le cronache politiche tramanderanno ai posteri per una legge porcata) ma soprattutto la sua incultura che cela una debolezza drammatica: la consapevolezza di non avere le leve cognitive per affrontare questioni che ormai bussano sempre più forte alle nostre porte, e che solo un imbecille può far finta di non sentire mettendosi le dita nelle orecchie. Si chiama globalizzazione, multicultura, pressione migratoria. A breve questa fragile porta sarà sfondata. E non basterano gli insulti a ripararla.
Ho 53 anni e una cosa, forse, ho imparato. La più grande debolezza (e vulnus profondo) delle persone sta nella consapevolezza di essere degli incolti, incapaci a reggere la competizione. Vuoi per stato sociale (la povertà) vuoi per incapacità (il trota) sta di fatto che chi "sa" di essere ignorante -  nel senso letterale del termine - "sa" (perchè lo vive su se stesso) di perdere su tutti i fronti: in un  dialogo, nella comprensione reale dei fatti, nella possibilità di crescere nella scala sociale. A meno che, come accaduto a tanti miracolati come Calderoli, ti infili nel vagone giusto al momento giusto o ti chiudi nel tuo gruppo autoreferenziale (le camicie verdi). E lasciamo perdere i venti anni buttati da questo Paese regredito ad un livello che fa male.
Ecco perchè sono d'accordo con quello che ieri ha detto Cécyle Kyenge: quella di Calderoli non è una offesa a me, ma al popolo italiano. Ci ha capiti meglio lei di tante persone. Meraviglioso. Ma anche tanto triste.

lunedì 1 luglio 2013

Un Papa a Lampedusa.

La notizia che Papa Francesco il prossimo 8 luglio sarà a Lampedusa dove incontrerà gli immigrati del Centro di prima accoglienza, celebrerà la Messa e soprattutto andrà a pregare sul mare, in memoria delle tante, tantissime persone seppellite lì sotto nel tentativo di raggiungere la terra promessa, è una notizia che fa bene al cuore ed alla mente.
Ci voleva un Papa argentino per ricordare ai tanti politici italiani di quale immane tragedia siamo spettatori silenziosi e distratti.