giovedì 17 aprile 2014

Il Cnel, questo sconosciuto (memo per il Pd)

 Il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) è un organo ausiliario dello Stato, costituito nel 1957 e previsto dall’articolo 99 della Costituzione (ricordo che per la nostra Carta fondamentale sono 2 gli organi ausiliari di rilevo costituzionale, il Cnel ed il Consiglio di Stato). Recita in particolare l’articolo 99: "il Consiglio Nazio...nale dell'Economia e del Lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge".

La logica dell’organismo era dunque quella di fornire alle Camere principalmente un supporto di tipo consulenziale di altissimo livello, frutto di sintesi tra le istanze del mondo economico, produttivo, sindacale, sociale. Dalla sua costituzione ad oggi, il Cnel ha infatti prodotto centinaia di Pareri, Osservazioni e Proposte, Disegni di Legge, Rapporti e Studi, Relazioni e Dossier su temi di rilevanza strategica, economica e sociale. La maggioranza di questa enorme documentazione (consultabile online, interessante perché davvero lo “specchio” di un Paese uscito dalla Guerra, passato dal boom economico alla crisi industriale e post industriale) è confluita nella normativa attuale, svolgendo quella importante funzione di “stanza di compensazione” tecnica (tra interessi diversi) necessaria al lavoro parlamentare.

Solo per la cronaca, hanno fatto parte del Cnel, in questi sessant'anni, personaggi di spicco come Giordano Dell’Amore, Giuseppe Petrilli, Francesco Santoro Passarelli, Eugenio Cefis, Beniamino Andreatta, Guido Carli, Achille Ardigò, Fabrizio Onida e tantissimi altri designati da enti pubblici e privati, sindacati, associazioni di categoria; più recentemente anche esponenti del terzo settore, cito Edoardo Patriarca, Luigi Bobba e molti altri proprio a sottolineare questa funzione di apertura sulla nostra complessità sociale.

In questi giorni, come sapete, il Presidente del Consiglio più volte ha citato il Cnel come “ente inutile”, una sorta di carrozzone mangia soldi (per la cronaca, il bilancio approvato dall’ente in questi giorni restituisce allo Stato 20 milioni di euro di risparmi sul proprio funzionamento) con frasi volutamente ammiccanti alla deriva populista (“ditemi cosa ha fatto il Cnel in settant’anni!”, anche se non sono ancora sessanta, per la cronaca).

Per motivi familiari e personali ho seguito, negli anni della mia adolescenza, il lavoro di questo organismo nei dettagli. Vedendo come ci fossero Consiglieri che facevano anche le nottate per predisporre relazioni e pareri, affidandoli poi all’organismo legislativo perché si traducessero in norme. Tutto questo con impegno, lavoro, fatica (aggiuntivi al lavoro quotidiano e spesso sacrificando la famiglia). Impegni portati avanti con onestà e coscienza e con il giusto orgoglio di poter contribuire allo sviluppo del Paese.

Basterebbero queste tre parole (impegno, lavoro, fatica) a consigliare un po’ di attenzione quando si prende mano alla ruspa e si costruisce il mondo nuovo. Il lavoro (e chi vi si dedica) andrebbe sempre rispettato, a maggior ragione quando a parlarne è un partito progressista.

Infine, va detto che uno degli ultimi impegni del Cnel è stato quello di definire, insieme all’Istat, quel parametro dei nuovi indicatori del benessere sociale (BES = Benessere Equo Sostenibile) da affiancare al Pil nel tentativo di colmare tutte le manchevolezze di questo indicatore limitato nel tastare il polso della società complessa. Fa piacere vedere che il Governo Renzi, nel presentare il suo primo DEF (Documento di Economia e Finanza) citi espressamente i nuovi indicatori del BES come obiettivo a tendere e parametro dell’azione di Governo.

Sarebbe bastato questo per dire che qualcosa di buono il Cnel lo aveva fatto. Si può anche (anzi si deve) mettere mano alla riforma dello Stato. Ma che bello se questo avvenisse rispettando le cose buone e coloro che le hanno prodotte, in una sorta di solidarietà generazionale “politico istituzionale”. Questo dovrebbe fare un Paese forte, coeso, rispettoso della propria Storia e capace di guardare al futuro con la libertà della ragione.

martedì 8 aprile 2014

Test Universitari, follia italiana.

Il Governo Renzi dovrà, tra le tante cose, mettere mano alla follia dei test di ingresso all'Università. In tre anni due ministri (Profumo e Carrozza) hanno montato e smontato un allucinante sistema di disincentivo allo studio che per esempio oggi, 8 aprile, vede migliaia di ragazzi dell'ultimo anno di liceo sostenere i test per l'ingresso a Medicina ed altre facoltà scientifiche. Oggi, si oggi.... A due mesi dalla maturità e con materie che si sono dovute studiare apposta. Alcune considerazioni: ma a che serve allora la maturità? Come si fa ad aprile (per la cronaca venerdi scorso anche alcune Facoltà di Giurisprudenza hanno fatto sostenere a loro volta i test di ammissione) valutare l'effettiva capacità ed attitudine degli studenti a scegliere quel percorso di studi? Solo grazie a domande di logica o di cultura generale? Allora tanto valeva farle con due anni di anticipo, questi test.
Trovo che questa procedura, nata magari anni fa con le migliori intenzioni (snellire gli esamifici, favorire la didattica, ottimizzare i costi, curare le eccellenze) si sia avvitata su se stessa generando un mostro che nessuno riesce più a controllare.
Aggiungo che ci sono ragazzi che "provano" a fare test su due/tre Università anche per corsi di studio differenti. E questa sarebbe la strada per scegliere le eccellenze? A me sembra sia la strada migliore per trovare sin dal primo anno studenti demotivati che, se avessero potuto, avrebbero scelto ben alte Facoltà.
Su tutto, il macigno delle raccomandazioni, vero cancro di questo povero Paese. Ragazzi che si sentono dire "provaci, ma tanto i posti sono già assegnati" cresceranno con disincanto, rabbia, livore.
Credo che un Partito che voglia davvero #cambiareverso si debba impegnare per una riforma dell'accesso al sistema universitario basato su criteri di trasparenza, equità e capace di offrire a tutti le stesse opportunità.