martedì 17 dicembre 2013

Job Act, economia civile e fiducia. Tout se tient.

La proposta del "nuovo Pd" renziano, circa il "Job Act" (ossia le nuove regole del lavoro) ha finalmente qualcosa di rivoluzionario, posta la deriva precaria cui ci hanno condannato venti anni di berluschini più o meno consapevoli (Sacconi, in primis e poi molta parte del sindacato moderato). Venti anni in cui abbiamo creato eserciti di precari che, senza adeguate tutele e potere d'acquisto (in termini di stabilità), non sono a loro volta mai riusciti ad innescare processi d...i sviluppo. Nel mio ultimo libro "Futuro Fragile" (ECRA) avevo contato 46 contratti "flessibili" oggi presenti nel nostro ordinamento.
Nella proposta del nuovo Pd, invece, mutuata da quella del giuslavorista Piero Ichino, finalmente troviamo l'indicazione della "normalità" della assunzione a tempo indeterminato quale contratto base di inserimento, "a patto" di rinunciare alle tutele dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (divieto di reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa). Mi sembra una svolta epocale. Un giovane assunto a tempo indeterminato (lo scrissi e lo proposi tempo fa anche ad un Convegno beccandomi le rimostranze di un Segretario Confederale della CISL presente tra i relatori) si può recare in banca a chiedere un mutuo, può immaginare di mettere su famiglia innescando processi virtuosi (dal mercato delle costruzioni ai consumi di base) perchè, semplicemente, in grado di offrire stabilità, FIDUCIA. Nel senso di rappresentare la FIDUCIA che altri hanno avuto in lui. E via di questo passo. Noi non pensiamo che tutto, in realtà, si basa sulla FIDUCIA. Ogni legame umano e sociale si basa sulla FIDUCIA. Rifletteteci bene: un precario vive sulla sua pelle la mancanza di fiducia. Come potrebbe chiederla ed ottenerla a sua volta da altri? La proposta del Pd, finalmente, tende (non so quanto razionalmente) a ricucire un legame sociale essenziale, ma qui entriamo nel campo dei fondamentali dell'Economia Civile, che purtroppo molti opinion makers e saccenti soloni del giuslavorismo non conoscono neppure lontanamente.
E' una proposta razionale, "win win" (vincono tutti, nessuno perde). Se la si boicotta, allora siamo in presenza di una cristallizzazione ideologica preoccupante. E il sindacato dovrebbe essere il primo a farla propria.

giovedì 12 dicembre 2013

Pifferai e topini

Mio papà, che nell'ultimo periodo della sua vita lavorativa faceva il pendolare tra Roma e Genova, prendeva il treno da Roma alle 7, per arrivare alle 13 in Liguria. Spesso e volentieri i lavoratori dei cantieri di Sestri Levante in mattinata occupavano i binari ,  ma poi alle 12.30 se ne andavano. Il treno passava e lui arrivava in orario. Da qui la sua  perfida, ma meravigliosa battuta (da sindacalista che ne aveva viste tante negli anni dell'autunno caldo): "tutte le rivoluzioni finiscono all'ora di pranzo".
Mi èvenuta in mente questa sua frase  leggendo ormai con attenzione estrema le cronache delle occupazioni e delle proteste dei "forconi". Le agenzie la mattina verso le nove iniziano a scrivere "primi blocchi a..." e via di questo passo. E la sera "si tolgono i blocchi a...". Aggiungiamo pseudo leader che arrivano in Jaguar, studenti che fanno sega e la sensazione che provo è di una feroce incazzatura per veder tollerare (e amplificare) questo giochino che, se sfugge di mano, può davvero scatenare un pandemonio.
Se fossi un cassintegrato, un pensionato al limite, uno che ha perso il lavoro non mi farei rappresentare da autoproclamati leader, pifferai magici che portano i topini fino all'orlo del baratro e poi si scansano.

giovedì 5 dicembre 2013

La lungimiranza dei Padri Costituenti.

Dopo venti anni di immobilismo causa impotentia generandi, i due veri grandi scossoni all'immobilità del sistema politico/partitito (decadenza Berlusconi e incostituzionalità della legge elettorale) sono stati dati dal sistema giudiziario (condanna penale per frode fiscale nel primo caso, sentenza della Corte Costituzionale nel secondo).
Da qui due riflessioni: la prima è che la divisione dei poteri, sin dai tempi di Montesquieu, si dimostra ancora oggi un principio cardine delle moderne democrazie, pur con tutti i limiti delle organizzazioni umane. Di questo dobbiamo ringraziare davvero i Padri Costituenti, lungimiranti oltre ogni aspettativa; la seconda, l'urgente necessità di rinnovare dalle fondamenta il sistema politico/partitico,  ma nel rispetto della prima considerazione (no quindi populismi, grillismi di vario tipo). Su tutto sta l'impellente necessità di iniettare massicce dosi di etica pubblica e privata, nella consapevolezza che perseguire il "bene comune" (con trasparenza, onestà, giustizia) sia un principio economicamente e socialmente conveniente. Ma quest'ultima cosa non si può delegare alla Magistratura.

lunedì 2 dicembre 2013

L'armonia relazionale delle cose.

Domenica 1 dicembre, Comunità di Capodarco, nelle Marche. Mattinata dedicata ad un incontro con il teologo Vito Mancuso, il Presidente della Comunità don Vinicio Albanesi e - a sorpresa - la Presidente della Camera, Laura Boldrini.
Un "parterre" di eccezione, si direbbe in questi casi. E difatti sarà il luogo (per chi conosce la Comunità, un'oasi di serenità e bellezza, non solo figurata), sarà il tema ("la sostanza e gli accidenti"), fatto sta che si è creato un mix eccellente per ragionare, sotto vari profili, sull'essenziale e come si debba lavorare per costruire, partendo dalle nostre comunità, un futuro degno di questo nome.
La faccio breve, non voglio fare una cronaca della mattinata. Ma indicare qualche concetto che mi sembra utile diffondere in questo condominio virtuale che è il web.
1. Tornare all'essenziale significa comprendere come si debbano identificare alcuni "valori" che, anche se la Storia muta (e spesso disorienta), restano immutabili. "Il giusto è sempre meglio dell'ingiusto, Gandhi è sempre meglio di Hitler" (Mancuso). Si potrebbe chiamare "ordine delle cose", preordinato, immanente. Superiore a ciascuno di noi. Cui si contrappone il "caos", il disordine, il dolore, la malattia. Trovare un equilibrio tra Ordine e Caos è la sfida dell'esperienza umana. Ora più che mai. "Dobbiamo fare il bene, essere onesti, non rubare non per buonismo. Dobbiamo farlo anche se nessuno ci vede o ci dice grazie". Perchè il giusto, in questo caso, è un valore decisamente al di sopra di noi. Cui si deve tendere, consapevoli della caducità (e transitorietà) della nostra esperienza. Solo così si rimetteranno le basi per una convivenza civile non basata sulla convenienza, sul continui mercanteggiare (faccio cosi perchè mi conviene, non lo faccio se non mi conviene). Dopo tutto, sono gli "imperativi categorici" di cui parlava Kant.
2. Tornale all'essenziale significa tornare all'essenza della natura. Anche in senso antropologico. Il primato del bene e della giustizia è inserito nella dinamica promordiale della natura. Questo significa liberarsi di dogmatismi, infrastrutture, attidudine a dominare il prossimo. Ogni organismo vivente (sia corporeo o sociale) si basa sull'armonia. Ciò che rompe l'armonia genera caos (la cellula impazzita genera il tumore, ne basta una sola;  la disonestà, l'invidia, l'odio rompono l'armonia sociale). Da qui la necessaria consapevolezza che tutto si tiene, nessuna azione è scollegata da un'altra, anche se non ne vediamo il senso o il collegamento.
3. Questo ha enormi ricadute anche nell'azione politica. Il populismo, la chiusura in se stessi, le ruberie, le ingiustizie tendono a rompere l'armonia dell'unità, generando "caos" (disorientamento, mancanza di visione del futuro). Occorre tornare, in buona sostanza, alla armonia relazionale delle cose.
Per questo bisogna praticare, nei fatti, anche nei più piccoli, azioni in grado di riaffermare i principi base dell'esperienza umana. Insegnando e praticando valori supremi. Non per "convenienza" (giustizia, onestà) ma perchè più grandi di noi. Posti all'inizio dei secoli ed immutabili. Piccoli uomini noi se osiamo discuterli, adattarli, piegarli alle nostre esigenze. Dopo tutto, aggiungo, questo sarebbe il "peccato originale" (non di Adamo ed Eva, ma dell'uomo in quanto tale): fare a meno del "logos" e farsi esso stesso "dio". Tutta la Storia ci parla di questo peccato.
Questa crisi può essere utile per ritornare all'armonia relazionale? Non lo sappiamo. Ma ragionare di questo, agire di conseguenza, aiuta a comprendere le sfide in atto, a sopportare l'angoscia delle trasformazioni cui assistiamo e a dar loro un senso. Ordine e Caos. Da ricomporre. Un insegnamento che vale sia per i credenti che per i laici. Chapeau.