lunedì 15 luglio 2013

Calderoli, ovvero dell'offesa infantile (o dell'incolto)

Da ieri ne stiamo leggendo tante di reazioni e commenti all'offesa (grave, ingiustificabile) del Vice Presidente del Senato, il leghista Calderoli, al Ministro Kyenge, di origini congolesi. Mi ripugna ricordarlo, ma devo - per proseguire nel mio ragionamento - di quale offesa si parli: l'aver affermato, tra le risa sguaiate degli astanti ad un comizio lumbard, che la "ministra mi ricorda un orango".
Orbene, l'offendere per "associazione" (tu assomigli, tu sembri) è qualcosa che facevamo da ragazzini a scuola quando non si aveva l'ardire (o la forza) per affrontare lo sfacciato di turno. Gli si riversava addosso un insulto che speravamo lo potesse ferire, magari evidenziando alcune caratteristiche fisiche (grassottello = cicciobomba; magrolino = tisico, ecc.).
A parte la gravità dell'insulto da parte del Vice Presidente del Senato, e quindi non di un ragazzino nel cortile di una scuola, mi sembra che questa offesa evidenzi l'infantilismo oggettivo di Calderoli (che le cronache politiche tramanderanno ai posteri per una legge porcata) ma soprattutto la sua incultura che cela una debolezza drammatica: la consapevolezza di non avere le leve cognitive per affrontare questioni che ormai bussano sempre più forte alle nostre porte, e che solo un imbecille può far finta di non sentire mettendosi le dita nelle orecchie. Si chiama globalizzazione, multicultura, pressione migratoria. A breve questa fragile porta sarà sfondata. E non basterano gli insulti a ripararla.
Ho 53 anni e una cosa, forse, ho imparato. La più grande debolezza (e vulnus profondo) delle persone sta nella consapevolezza di essere degli incolti, incapaci a reggere la competizione. Vuoi per stato sociale (la povertà) vuoi per incapacità (il trota) sta di fatto che chi "sa" di essere ignorante -  nel senso letterale del termine - "sa" (perchè lo vive su se stesso) di perdere su tutti i fronti: in un  dialogo, nella comprensione reale dei fatti, nella possibilità di crescere nella scala sociale. A meno che, come accaduto a tanti miracolati come Calderoli, ti infili nel vagone giusto al momento giusto o ti chiudi nel tuo gruppo autoreferenziale (le camicie verdi). E lasciamo perdere i venti anni buttati da questo Paese regredito ad un livello che fa male.
Ecco perchè sono d'accordo con quello che ieri ha detto Cécyle Kyenge: quella di Calderoli non è una offesa a me, ma al popolo italiano. Ci ha capiti meglio lei di tante persone. Meraviglioso. Ma anche tanto triste.

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