martedì 25 giugno 2013

Sessanta milioni di ostaggi. Tutti italiani.

Solo in un Paese come il nostro si potevano "linkare", come fanno da ieri sera i cortigiani di Berlusconi, i due temi della condanna del loro capo (a sette anni di reclusione per concussione, sfruttamento della prostituzione con interdizione perpetua dai pubblici uffici) ed il futuro del Governo Letta.
Come se avessero una qualche attinenza logica o funzionale. E' invece la logica bieca e meschina del ricatto, cosa peraltro abbastanza comune in questi anni di basso impero e politica clientelare.
Solo due mesi fa Pdl e Pd, giurando solennemente di fronte al Capo dello Stato (dopo la loro incapacità a rinnovare anche questa Carica) si assumevano di fronte al Paese l'onere e l'onore di governarlo in una situazione eccezionale. Un governo comunque a termine, chiamato a fare poche cose ma buone: riforma elettorale, sistemazione dei conti pubblici, politiche attive di ripresa dell'economia e del contrasto alla disoccupazione, soprattutto giovanile. A parte un rinvio dell'Imu e l'annuncio del prossimo rinvio dell'Iva non c'è traccia delle riforme auspicate.
Cosa c'entra la condanna di Berlusconi in tutto questo? Nella logica delle vendette trasversali moltissimo. Nell'interesse generale, poco o nulla. La cosa triste è che ancora dopo venti e più anni questo Paese resta zavorrato dalla mummia appesantita o dal fantasma di un uomo che ne ha segnato le sorti e che da domani, sui libri di storia, non verrà certo ricordato per lo Statista della rivoluzione liberale o del nuovo miracolo economico. Sarebbe il momento di chiudere definitivamente con questo passato. Berlusconi si rassegni, si dimetta da tutto e combatta la sua solitaria battaglia per la giustizia che ritiene di dover ottenere. Ma la smetta di tenere in ostaggio sessanta milioni di italiani che non ne possono più delle sue avventure sessuali e giudiziarie.

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