martedì 11 giugno 2013

Parlare civile

Sono stato oggi pomeriggio al Montecitorio. In programma la presentazione del libro "Parlare civile" edito da Bruno Mondadori e realizzato da un pool di giornalisti legati alla Agenzia "Redattore Sociale". E' stato un momento di grande formazione umana e professionale. Con la Presidente della Camera Laura Boldrini, don Vinicio Albanesi, Domenico Iannacone ed altri. Il libro è dedicato ai giornalisti ed a quanti "lavorano" con le parole. Mettendo in luce le tante, troppe volte nelle quali queste sono usate con leggerezza, con superficialità, con disattenzione o con dolo. Nascono così vocaboli che entrano nell'uso comune ("di colore", "nomade", "clandestino", ecc.) che innalzano muri, steccati e pregiudizi difficilissimi da abbattere. E  generano a volte sofferenze che la gente non immagina neppure.
Gli operatori della comunicazione hanno responsabilità immani nel provare - attraverso le parole che non sono mai neutre - a rappresentare il mondo nella loro complessa realtà. E non semplificando a tal punto da impoverire il contesto in cui dovrebbero brillare come luce (bellissima la citazione di una poesia di Mario Luzi fatta da Domenico Iannacone, bravo autore e conduttore de "I dieci comandamenti" su Rai Tre).
Particolarmente apprezzato l'intervento di Laura Boldrini, del quale ho preso appunti al volo: "ho fatto tante battaglie di civiltà e una, importante, è stata quella del linguaggio! Il linguaggio non è mai  neutro, ma determina la percezione dei fenomeni. Può "avvelenare il pozzo", e ripulire l'acqua, dopo, è difficile". "Provo molto fastidio quando ci si impegna perché l'informazione aiuti la comprensione di episodi e situazioni di discriminazione e questo sforzo venga poi liquidato solo come politically correct, come qualcosa di stucchevole". "Le persone che giudicano in questo modo in genere sono le stesse che identificano i comportamenti corretti e legali come espressione di buonismo. È un'attitudine miope, arrogante e autoreferenziale". "L'attenzione al linguaggio, in altri Paesi è al centro del dibattito sull'informazione. Pensiamo all'Inghilterra dove si fa in modo che nelle redazioni siano rappresentate tutte le minoranze". "C'è ancora molta strada da fare da noi. E questo libro è solo un primo passo. E' uno strumento importante rivolto ai giornalisti perché il linguaggio non sia vittima del pregiudizio. Un gruppo sociale deve essere chiamato come desidera, non con il nome affibbiato da altri e che magari ha una chiara accezione negativa. I soggetti più deboli soccombono anche di fronte alle parole, educhiamo i giovani a un utilizzo consapevole e responsabile delle parole con particolare attenzione a quanto avviene sul  web dove le parole arrivano a valanga e si moltiplicano. Contate su di me, questa battaglia civile è anche la mia!"

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