mercoledì 17 dicembre 2014

A proposito di Benigni e dei suoi Dieci comandamenti

Molti hanno scritto e detto di Benigni e dei suoi 10 comandamenti. Vorrei dire qualcosa anche io, dopo un po' di riflessione silenziosa.
Si è trattato di una pagina di grande tv. Densa, ricca, di altissimo livello professionale (provate voi a parlare in quel modo per due ore di fila) che conferma - se mai ce ne fosse bisogno - la figura di un uomo (riduttivo definirlo "di spettacolo") del quale il nostro Paese deve andare fiero.
Nel merito, non so quanto della mole di citazio...ni, passaggi, sottolineature, enfatizzazioni, sia passato attraverso il grande schermo ad una platea italica sopita da anni su trasmissioni spazzatura e spegni-cervello.
Parlare di Dio, dei Comandamenti, era un impegno terrificante. Geniale l'incipit e la chiusa "non capiamo nulla di tutto quello che diremo perchè avviciniamo un mistero troppo grande da essere ricompreso dalla natura umana". E questo artificio semantico ha invece consentito di avvicinarsi ad un testo millenario con la dovuta libertà, consentendo di restare folgorati dalla attualità e dalla altezza dei temi che le "regole" dettate da Dio sul Sinai erano in grado di offrirci.
Pensiamo solo che l'Esodo è stato scritto 3 mila anni fa e rivolto ad un "popolo" (un insieme di pastori per la verità) che solo nel percorso del tempo acquisisce la consapevolezza di essere tale, di essere stato Scelto. Un Libro che parla di rispetto della donna, di riposo per gli schiavi, della malvagità della violenza in un contesto in cui questi temi erano del tutto rivoluzionari, sconvolgenti per lo statu quo e la natura dell'epoca. Non ci vuole un genio per capire come, sottolineando proprio questo, Benigni abbia fatto capire come nessun uomo, per quanto detto, sarebbe stato in grado solo di "pensare" o di "scrivere" norme di quel tipo in quel contesto storico e culturale. Non si tratta di credere in Dio o meno. Si tratta di avere l'onestà intellettuale di comprendere che si è di fronte ad un grandissimo Mistero. A delle Regole che, se rispettate, cambierebbero il volto delle nostre case, delle nostre città, delle nostre nazioni, del mondo intero. Non regole chiuse o - peggio - retrograde (quanti danni ha fatto la sessuofobia della Chiesa sul sesto comandamento, storpiato nella sua essenza originaria) ma profondissime ed altissime allo stesso tempo, capaci - se lette, rilette, masticate, comprese come ci ha permesso di fare Benigni - di aprire orizzonti nuovi alla vita di ognuno di noi.
Viviamo qui e ora. Questa è la nostra eternità. Una esperienza unica ed irripetibile, che avrà valore e sarà benedetta (e colmata di lunghi giorni) se sapremo onorare i nostri genitori, non ammazzare la vita, non fiaccare la speranza di chi merita o chiede fiducia, non provare invidia ed aprirsi alle novità che la vita stessa, se accolta e non respinta, ci presenta ogni giorno.

mercoledì 29 ottobre 2014

Due miei interventi intercettati da Radio Radicale.

Due miei interventi intercettati da Radio Radicale

Il primo, la testimonianza portata lo scorso 1 marzo a Roma (Campidoglio) nel corso del Convegno Nazionale su Beni confiscati organizzato da Libera. L'intervento è tra le testimonianze del pomeriggio.

Segue un breve intervento nel corso dell'Audizione tenuta presso la Commissione Agricoltura del Senato, dicembre 2009, in merito alla diffusione delle forme di energia rinnovabile ed alternativa con la rete delle BCC (Banche di Credito Cooperativo) italiane.

martedì 7 ottobre 2014

Ammortizzatori sociali. Questi sconosciuti (e non parlo di sostegno al reddito)

AMMORTIZZATORI SOCIALI. No, non sono la cassa integrazione, l'indennità di mobilità o altri strumenti di sostegno al reddito.. No, per ammortizzatori sociali intendo quel cuscinetto di valori, moderazione, sensibilità, capacità di tacere al momento giusto, ascolto, possibilità di fare da stanza di compensazione tra le tensioni (dalla famiglia fino al governo) per una gestione equilibrata dei fenomeni e, in ultima analisi, per creare armonia e pace.
Che manchino, l'ho toccato ...con mano per esempio dopo Juve - Roma di domenica sera (che non ho volutamente commentato, anche se ho le mie idee, come immaginate). Ma ho letto di tutto, da tutte le parti in causa: post volgari e violenti, onestà intellettuale macinata fina fina, schieramenti preconcetti e livore gratuito. E tutto per una partita di calcio.. La pubblica bacheca amplifica tensioni che in passato sarebbero state da bar sport (finite il lunedi sera) per diventare luogo in cui sfogare tensioni e frustrazioni. Recriminare, promettere vendette.
Potrei fare altri esempi (talebani che in politica difendono a spada tratta il loro leader qualsiasi cosa faccia, facendolo diventare antipatico, come succedeva per Berlusconi per capirci) e anche qui evitando accuratamente il confronto, la discussione aperta, la possibilità di immaginare che - alla fine - si può anche cambiare idea. Tutto questo, ormai, è merce rara. Ammortizzatori sociali, ecco quello di cui ci sarebbe bisogno. Ma intangibili, immateriali ed al tempo stesso molto concreti.

lunedì 15 settembre 2014

Finanza ad Impatto Sociale. Per un nuovo paradigma di sviluppo

Stamattina a Roma è stato presentato il Rapporto Italiano "Social Impact Investment", vale a dire lo studio italiano (nato in ambito G8) sulla finanza a impatto sociale. E' frutto di un lavoro ampio, nato un anno e mezzo fa quando il primo ministro inglese Cameron propose in ambito G8 di ragionare su tutte quelle forme di investimento finanziario in grado di generare benessere sociale e non pura remunerazione per l'azionista (speculazione), pur riconoscendo a quest'ultimo il diritto legittimo al ritorno dell'investimento stesso.
L'evento di Roma di stamattina (alla Camera, con la Presidente Boldrini) si è tenuto in contemporanea con le presentazioni dei Rapporti nazionali degli altri membri del G8. Per chi avesse interesse si possono scaricare (insieme al rapporto di sintesi internazionale) al sito "socialimpactinvestment.org".
Ho avuto il privilegio di partecipare ai lavori della TaskForce italiana in rappresentanza della mia organizzazione, il Credito Cooperativo. Lavorando nello specifico alla selezione delle "best practices" poi incluse nel Rapporto e capaci di diventare un modello di riferimento.
L'esperienza delle BCC ha consentito di ragionare sui programmi di microcredito e microfinanza, sui "social bond" (obbligazioni destinate a sostenere imprese sociali o programmi di sviluppo territoriale), sulla misurazione dell'impatto stesso ("metrica mutualistica") e sulla cooperazione come "tecnicalità" in grado di bypassare ostacoli prima di tutto culturali. Tra le buone pratiche, anche il complesso delle iniziative "di rete" per il sostegno dei beni confiscati alla criminalità organizzata e destinati a fini di utilità sociale.
Si calcola che in Italia il "mercato" della finanza ad impatto sociale (al Governo Renzi oggi sono state presentate 40 proposte per renderla fluida ed efficace) possa raggiungere nel 2020 i 250 miliardi di euro. Di questi circa il 60% saranno coperti dalla finanza cooperativa e mutualistica.
E' uno scenario importante, non solo per il nostro Paese ma più in generale per una Europa fiaccata dalla crisi. Investire in imprese capaci di generare benessere diffuso e duraturo, occupazione, sostenibilità significa anche poter attrarre risorse e diminuire l'incidenza del debito pubblico sui programmi di welfare. Significa davvero impostare un nuovo paradigma di crescita. E sono contento che oggi la Presidente Boldrini abbia ricordato come non tutto si può ridurre al Pil. Ragionando ancora una volta sugli indicatori del Benessere Equo e Sostenibile. La finanza di impatto sociale si pone all'interno di questo ragionamento.

lunedì 28 luglio 2014

Big Bang. Crash. Gulp.

Un piccolo compitino facile facile (soprattutto per gli amministratori pubblici della mia città, cioè Roma). Provate ad osservare strade, vie, edifici, luoghi di incontro, bus, metropolitane, ecc. con lo sguardo di chi arriva nella Capitale per la prima volta, magari proveniente da Londra, Parigi, Berlino.
"Vedrebbe" cose che adesso, fiaccati dalla routinaria quotidianità che genera assuefazione, consideriamo parte dell'arredamento urbano o ineluttabile sciatteria italica. Marciapiedi sporchi, erbacce cresciute tra i tombini e negli spartitraffico, segnaletica rotta e mai riparata, asfalti approssimativi, buche riparate alla meno peggio, lampioni spenti ovunque.
Certo, molto dipende dalla civiltà degli abitanti (io per primo non esco con il mio cane se non ho il sacchetto per raccogliere i suoi bisogni), ma il resto no. Il resto dipende dalla attenzione degli amministratori locali per il territorio, per il decoro urbano, per la manutenzione ordinaria (che porta con sè anche aspetti legati alla sicurezza). Dipende dal senso di comunità che, partendo dai cittadini (che comunque in questi anni hanno visto sempre aumentare tasse e balzelli locali) si ripercuote su chi li amministra, forti del voto popolare.
Ho trascorso cinque giorni in un'altra grande capitale europea, Berlino. Dove gli autobus sono in orario, sono puliti e spaziosi; dove puoi arrivare in estrema periferia con trasporti integrati; dove non vedi una cicca per strada, dove i giovani utilizzano massicciamente la bicicletta per spostarsi; dove - in altre parole - avverti che chi ha il privilegio di vivere laggiù sente questa condizione come unica, da tutelare e proteggere.
Roma dal punto di vista storico ed archeologico è mille volte più importante di Berlino. Ha millenni di storia, ha segnato la storia del mondo, possiede ricchezze inestimabili ed ancora nascoste. Eppure è una città triste, ripiegata su se stessa. Spenta.
Una città che non è capace di recuperare le periferie, di integrare i trasporti, di inventarsi un unico biglietto per i musei, di rendere i siti archeologici accessibili in orari favorevoli ai turisti, di strutturare un unico portale attraverso il quale prenotare mostre, percorsi, alberghi, taxi, spettacoli teatrali. Di dotarsi di una "welcome card" con sconti e promozioni.... e potrei continuare.
Il tempo di permanenza medio di un turista a Roma è di due giorni, contro i 4 di Berlino o i 5 di Parigi e Londra. Forse un motivo ci sarà.
Trovo deprimente questa jattura che ci fa convivere da anni con una situazione che sembra immutabile, immodificabile, incancrenita.
Il Pd ha conquistato 15 Municipi su 15 ed in Campidoglio siede un Sindaco sostenuto dalla coalizione di centro sinistra. Ma che aspetta questo Partito a prendere in mano la situazione con proposte concrete, fattibili, a cominciare da un grande tavolo di confronto permanente tra tutti i soggetti pubblici e privati interessati all'offerta di servizi nella Capitale? L'Italia, con Renzi, non senza difficoltà sta provando a cambiare passo. Roma sembra immune da tutto ciò. Digerisce i suoi malanni con cinismo e fatalismo. Scusate ma non ci sto. Il tempo passa e non si vede nulla, ma proprio nulla, di nuovo e concreto (se non leggere di nuove commissioni di inchiesta sui tanti scandali che vanno dalle truffe all'Atac alle mazzette della metro C). Non basta essere contenti di passeggiare per via dei Fori imperiali per sentirsi in una città moderna e sicura.
Inizio a credere sia una questione di persone. Di capacità personali, di professionalità. Almeno spero sia così. Se fosse solo per ignavia o connivenze incancrenite sarebbe molto, ma molto peggio. Ma che tristezza.

mercoledì 18 giugno 2014

Le tracce della Maturità 2014

TRACCE MATURITA'. Non so se sono lo specchio del Paese, ma forse un poco si. Mentre i ragazzi (tra i quali mia figlia) in questo momento stanno scrivendo il tema di italiano, rifletto su due degli argomenti proposti: il tema del "dono" e della "gratuità" e quello della riscoperta del bello (da un articolo di Renzo Piano uscito in gennaio sul Sole 24 Ore "il rammendo delle periferie"). Sul "saggio breve" del dono la riflessione scaturiva da brani di Deledda, Adorno e di Enzo Bianchi (il priore della comunità di Bose).
Ora, due indizi non fanno secondo me una prova, ma certamente queste due tracce segnano una inversione gigantesca di inversione, rispetto alla cultura dominante (o almeno quella dell'ultimo ventennio). Parlare del "dono" e della "gratuità" significa immergersi nello spazio "altro" fatto di partecipazione, solidarietà, fraternità e spingersi a ragionare su un elemento essenziale dell'agire umano che si considera appannaggio degli ingenui o dei santi (magari fosse regola anche in economia e in politica), Docenti come Zamagni e Bruni (che cito spesso) hanno scritto manuali di economia sulla economia della gratuità e della reciprocità. "Si può essere ricchi da soli, ma per essere felici bisogna essere almeno in due". Lascio a chi vuole la possibilità di approfondire tutto questo (e magari di iscriversi ai corsi di Economia Civile della SEC, la scuola di Loppiano, vicino Firenze).
La seconda riflessione riguarda l'aver acceso il riflettore sul senso di comunità attraverso le parole di un architetto come Renzo Piano. Rammendare le periferie urbane significa "rammendare" anche e soprattutto un tessuto sociale sfilacciato, fiaccato dalla crisi e dalla perdita di valori di base, come per me la solidarietà (tra persone, tra generazioni, tra simili). Se si uscirà dalla crisi, lo si potrà fare solo ritessendo i fili del nostro essere comunità (con territori da amare e da difendere).
Non so se questi due "indizi" sono casuali o meno. Forse no. E per questo complimenti al Ministero dell'Istruzione che ha avuto il coraggio di osare su terreni che fino a pochi mesi fa sarebbero stati oggetto di scherno. E che invece aiutano a riscoprire la grande tradizione umanistica e solidale del nostro Paese.

giovedì 17 aprile 2014

Il Cnel, questo sconosciuto (memo per il Pd)

 Il Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) è un organo ausiliario dello Stato, costituito nel 1957 e previsto dall’articolo 99 della Costituzione (ricordo che per la nostra Carta fondamentale sono 2 gli organi ausiliari di rilevo costituzionale, il Cnel ed il Consiglio di Stato). Recita in particolare l’articolo 99: "il Consiglio Nazio...nale dell'Economia e del Lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge".

La logica dell’organismo era dunque quella di fornire alle Camere principalmente un supporto di tipo consulenziale di altissimo livello, frutto di sintesi tra le istanze del mondo economico, produttivo, sindacale, sociale. Dalla sua costituzione ad oggi, il Cnel ha infatti prodotto centinaia di Pareri, Osservazioni e Proposte, Disegni di Legge, Rapporti e Studi, Relazioni e Dossier su temi di rilevanza strategica, economica e sociale. La maggioranza di questa enorme documentazione (consultabile online, interessante perché davvero lo “specchio” di un Paese uscito dalla Guerra, passato dal boom economico alla crisi industriale e post industriale) è confluita nella normativa attuale, svolgendo quella importante funzione di “stanza di compensazione” tecnica (tra interessi diversi) necessaria al lavoro parlamentare.

Solo per la cronaca, hanno fatto parte del Cnel, in questi sessant'anni, personaggi di spicco come Giordano Dell’Amore, Giuseppe Petrilli, Francesco Santoro Passarelli, Eugenio Cefis, Beniamino Andreatta, Guido Carli, Achille Ardigò, Fabrizio Onida e tantissimi altri designati da enti pubblici e privati, sindacati, associazioni di categoria; più recentemente anche esponenti del terzo settore, cito Edoardo Patriarca, Luigi Bobba e molti altri proprio a sottolineare questa funzione di apertura sulla nostra complessità sociale.

In questi giorni, come sapete, il Presidente del Consiglio più volte ha citato il Cnel come “ente inutile”, una sorta di carrozzone mangia soldi (per la cronaca, il bilancio approvato dall’ente in questi giorni restituisce allo Stato 20 milioni di euro di risparmi sul proprio funzionamento) con frasi volutamente ammiccanti alla deriva populista (“ditemi cosa ha fatto il Cnel in settant’anni!”, anche se non sono ancora sessanta, per la cronaca).

Per motivi familiari e personali ho seguito, negli anni della mia adolescenza, il lavoro di questo organismo nei dettagli. Vedendo come ci fossero Consiglieri che facevano anche le nottate per predisporre relazioni e pareri, affidandoli poi all’organismo legislativo perché si traducessero in norme. Tutto questo con impegno, lavoro, fatica (aggiuntivi al lavoro quotidiano e spesso sacrificando la famiglia). Impegni portati avanti con onestà e coscienza e con il giusto orgoglio di poter contribuire allo sviluppo del Paese.

Basterebbero queste tre parole (impegno, lavoro, fatica) a consigliare un po’ di attenzione quando si prende mano alla ruspa e si costruisce il mondo nuovo. Il lavoro (e chi vi si dedica) andrebbe sempre rispettato, a maggior ragione quando a parlarne è un partito progressista.

Infine, va detto che uno degli ultimi impegni del Cnel è stato quello di definire, insieme all’Istat, quel parametro dei nuovi indicatori del benessere sociale (BES = Benessere Equo Sostenibile) da affiancare al Pil nel tentativo di colmare tutte le manchevolezze di questo indicatore limitato nel tastare il polso della società complessa. Fa piacere vedere che il Governo Renzi, nel presentare il suo primo DEF (Documento di Economia e Finanza) citi espressamente i nuovi indicatori del BES come obiettivo a tendere e parametro dell’azione di Governo.

Sarebbe bastato questo per dire che qualcosa di buono il Cnel lo aveva fatto. Si può anche (anzi si deve) mettere mano alla riforma dello Stato. Ma che bello se questo avvenisse rispettando le cose buone e coloro che le hanno prodotte, in una sorta di solidarietà generazionale “politico istituzionale”. Questo dovrebbe fare un Paese forte, coeso, rispettoso della propria Storia e capace di guardare al futuro con la libertà della ragione.

martedì 8 aprile 2014

Test Universitari, follia italiana.

Il Governo Renzi dovrà, tra le tante cose, mettere mano alla follia dei test di ingresso all'Università. In tre anni due ministri (Profumo e Carrozza) hanno montato e smontato un allucinante sistema di disincentivo allo studio che per esempio oggi, 8 aprile, vede migliaia di ragazzi dell'ultimo anno di liceo sostenere i test per l'ingresso a Medicina ed altre facoltà scientifiche. Oggi, si oggi.... A due mesi dalla maturità e con materie che si sono dovute studiare apposta. Alcune considerazioni: ma a che serve allora la maturità? Come si fa ad aprile (per la cronaca venerdi scorso anche alcune Facoltà di Giurisprudenza hanno fatto sostenere a loro volta i test di ammissione) valutare l'effettiva capacità ed attitudine degli studenti a scegliere quel percorso di studi? Solo grazie a domande di logica o di cultura generale? Allora tanto valeva farle con due anni di anticipo, questi test.
Trovo che questa procedura, nata magari anni fa con le migliori intenzioni (snellire gli esamifici, favorire la didattica, ottimizzare i costi, curare le eccellenze) si sia avvitata su se stessa generando un mostro che nessuno riesce più a controllare.
Aggiungo che ci sono ragazzi che "provano" a fare test su due/tre Università anche per corsi di studio differenti. E questa sarebbe la strada per scegliere le eccellenze? A me sembra sia la strada migliore per trovare sin dal primo anno studenti demotivati che, se avessero potuto, avrebbero scelto ben alte Facoltà.
Su tutto, il macigno delle raccomandazioni, vero cancro di questo povero Paese. Ragazzi che si sentono dire "provaci, ma tanto i posti sono già assegnati" cresceranno con disincanto, rabbia, livore.
Credo che un Partito che voglia davvero #cambiareverso si debba impegnare per una riforma dell'accesso al sistema universitario basato su criteri di trasparenza, equità e capace di offrire a tutti le stesse opportunità.

lunedì 31 marzo 2014

Disagio latente

A volte penso di scivolare lentamente verso l'isolamento (politico, intendo). Sarà perche ho superato i 50, sarà perche ne ho davvero viste già tante, sarà perchè sono stato educato al rispetto di tutti (e a dialogare con tutti sapendo che la tua idea potrebbe non essere la migliore). Per questo, nel leggere e sentire i "Renzians" (Renziani Hooligans) scagliarsi contro chiunque osi alzare un sopra...cciglio contro metodi e meriti considerati pericolosi, mi fa un brutto effetto.
Abbiamo combattuto (lo dico per chi nel 1994 aveva i pantaloncini corti o giocava con le Barbie) contro 20 anni di berlusconismo accusandolo di aver creato un partito a misura sua personale, "leggero" e antipolitico, allergico alle regole e tanto meno al confronto. In questo periodo ci sono stati personaggi come Pietro Grasso (che ho avuto l'onore di conoscere a Palermo) che hanno lottato in prima linea contro la mafia a fianco di Falcone e Borsellino, hanno raccolto la loro eredità sacrificando pesantemente affetti e vita familiare (chiedetelo ai figli cosa significa) per dire a tutti noi che l'esempio della legalità e del rispetto delle leggi e delle regole è un baluardo della nostra piccola e fragile democrazia.
Ora, sentire i "Renzians" parlare di Grasso come di un "privilegiato", che deve "andare a casa" o "ringaziare il Partito che lo ha eletto" solo perchè ha - peraltro nel suo stile pacato, quasi timido - messo in guardia da una riforma del Senato che potrebbe avere effetti opposti alla semplificazione prevista (allentando, in sintesi, i già deboli legami tra elettori ed eletti, soprattutto quando questi ultimi decidono del futuro di tutti) non mi va giù.
D'accordo la novità, d'accordo i quarantenni, ma qui si discute del futuro del nostro assetto istituzionale. E, se permettete, tendo ad ascoltare con estrema attenzione più le parole di Grasso che di un manipolo di quarantenni che hanno vinto la lotteria e postano "selfie" sorridenti, stupiti per trovarsi seduti (senza alcun investimento popolare) ai tavoli che contano. E adesso crocifiggetemi.

mercoledì 19 marzo 2014

Historia Magistra Vitae


IL 13 MARZO 1938 la Germania nazista, con Hitler al potere, annunciò l'annessione (Anschluss) dell'Austria. Giustificandola con la necessità di riunire sotto la stessa grande Patria i tedeschi "esuli" in quel Paese e nel rispetto della loro... volontà. Perchè non sembrasse una violazione del diritto, il 10 aprile 1938 si tenne un "referendum" popolare contenente una semplice ma sibillina domanda: "Sei d'accordo con la riunificazione dell'Austria con il Reich tedesco avvenuta il 13 marzo 1938 e voti per la lista del nostro Führer Adolf Hitler?". La scheda, che riporto qui in foto, era uno smaccato e violento sfregio alle più elementari regole della democrazia (fa orrore la sproporzione tra il cerchietto dei "si" centrale e quello dei "no" in basso a destra). Al referendum vinsero i "si" con oltre il 90 per cento.
L'Austria venne annessa. Nello stesso anno, in settembre, la storia si ripetè con il territorio dei Sudeti (dove vivevano tedeschi nelle regioni della Boemia e Moravia) ma stavolta per un accordo politico (Patto di Monaco). Il 1 settembre 1939 Hitler invase la Polonia da Ovest (il 17 settembre l'Unione sovietica la invase da Est). E le potenze occidentali, fino ad allora timidamente silenti, non poterono più star ferme.
Non aggiungo altro. Ma è importante conoscere, sapere, ricordare, vigilare.


giovedì 13 marzo 2014

Fortunato il popolo che non ha bisogno di eroi


“Fortunato il popolo che non ha bisogno di eroi”, scrisse Brecht. Mi è venuta in mente questa frase leggendo stamattina i commenti al piano shock per rilanciare consumi ed occupazione presentato ieri da Matteo Renzi, presidente del Consiglio e leader del Partito Democratico.
Un coro pressoché unanime di consensi, dal sindacato a Confindustria (tranne i contras per definizione, vale a dire i Cinquestelle e la Lega, in buona compagnia con i  Fratelli d’Italia).
Perfino Marcello dell’Utri, ex braccio destro del Cavaliere, si è lanciato in lodi sperticate del giovane Premier  capace – a suo dire -  di ammaliare, convincere, portare empaticamente tutti dalla sua parte.

Insomma, se c’era bisogno di un nuovo “eroe popolare”, forse l’abbiamo trovato.
Tutto bene? Non so.

Non entro nel merito delle misure (che, ho già scritto, spero davvero siano realizzabili nei tempi indicati: l’aumento degli stipendi più bassi, l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie, perfino un nuovo fondo per le imprese sociali, le riforme di lavoro, fisco, giustizia…).
Volevo però, staccandomi dalla figura di Matteo Renzi che ammiro ma non invidio per il suo piglio e il suo coraggio sfrontato, considerare il quadro che abbiamo davanti e sotto gli occhi: un parlamento di nominati che fatica a fare una legge elettorale in grado di ridare effettivo potere agli elettori; un governo che non nasce dalle urne e dalla volontà popolare  ma da una indubbia forzatura istituzionale (peraltro senza un voto di sfiducia parlamentare al governo precedente); un premier che non è neppure parlamentare e che quindi de facto non rappresenta nessun italiano, ma ha un potere immenso.
E in questo clima che succede? Che tutti, o almeno la stragrande maggioranza degli italiani dice: “speriamo ce la faccia” (io compreso). Affidandosi a questo giovane quarantenne che promette di prendere in mano la situazione e cambiarla radicalmente. Insomma, un “eroe” cui affidare le poche risorse rimaste. Perché non di esauriscano del tutto.
E’ questa la vera anomalia della situazione, che ci fa capire come siamo in una terra di mezzo. Non potremmo chiamarla “democrazia” nel senso dell’esercizio più puro della rappresentazione formale della volontà popolare, non possiamo ovviamente chiamarla “dittatura” perché questo non è. Come definirla, allora?

Non lo so. La cosa bizzarra è che tutto questo è avvenuto nel rispetto “formale” delle leggi vigenti. Ma qui nasce il dubbio amletico: e se la legge, troppo spesso costruita ad arte, fiaccasse lentamente la capacità di tenuta del paese sotto il profilo della partecipazione democratica? Matteo Renzi e il Pd sono consapevoli di questo subdolo meccanismo perverso che oggi li sta beneficando?  Non mi piacciono i tanti segnali inquietanti di insofferenza verso chi “non capisce” questo "decisionismo" o prova a sollevare dei dubbi che ritengo legittimi. Non tanto nel merito,  ma nel metodo. La forma è sostanza, no?
Penso allora che il compito della buona politica  – oltre al “fare” cose buone per il bene comune – sia oggi più che mai quello di vigilare sulla difesa dei principi grazie ai quali il nostro Paese, dopo il dramma della guerra, è potuto crescere e diventare spesso modello di riferimento. Principi che si chiamano “partecipazione”,  condivisione, creazione faticosa del consenso in grado di rappresentare le complessità di un Paese complicato come il nostro.

E’ faticoso, si. Molto. Ma è un buon investimento per il futuro. Nostro e dei nostri figli.

 

 

 

 

mercoledì 19 febbraio 2014

Onestà intellettuale merce rara (riflessioni sul dopo streaming Grillo Renzi)

Visto da poco lo "streaming" dell'incontro tra Grillo e Renzi in Parlamento.
Ho già scritto su FB che Grillo, che non ha fatto parlare Renzi, ha di fatto tradito il mandato dei suoi elettori, vale a dire quello di "partecipare" alle consultazioni (in senso proattivo) e non di utilizzare questa occasione per l'ennesimo volgare spot elettorale. Più urla, più Grillo perde consensi. Non aveva davanti Andreotti o Cossiga. Ma un trentanovenne che dice di voler provare a cambiare questo Paese. Ed era pertanto giusto offrire all'Italia un momento di confronto alto, sui temi concreti. Ma se l'atteggiamento è quello del rifiuto a priori, ovviamente non ci può essere dialogo.
Detto questo, provo a rimettere in linea alcuni temi male (malissimo) enunciati dalle urla di Grillo, ma sui quali non posso non essere d'accordo. Vado con ordine:
1. E' vero che questo nascente Governo Renzi ha fatto scempio delle regole. Una crisi extraparlamentare decisa da un manipolo di fedelissimi del Segretario ha di fatto esautorato Camera e Senato dal proprio ruolo costituzionale (ricordo che Letta aveva avuto la fiducia dal Parlamento, e da questo - solo da questo - poteva ottenerne la revoca);
2. E' vero che l'idea che Renzi sta dando di se' è quella di un ambizioso. Se un mese fa giurava di volere sostenere Letta e di non voler arrivare a Palazzo Chigi se non dopo aver vinto le elezioni, ora deve spiegarlo al Paese cosa è successo realmente. E siccome la maggioranza che sosterrà il suo Governo sarà la stessa che sosteneva Letta, dovrà fare lo sforzo aggiuntivo di spiegare il perchè di tutto ciò;
3. Grillo ha ragione a stigmatizzare la prossimità con Berlusconi. Silvio e' un volpone di prima categoria, che rappresenta un coacervo di interessi forti. Dai tempi dei palasport, quindici anni orsono, Grillo si è dimostrato capace di fare reale "contro informazione" e svelare patti massonici o di consorterie economiche. Questo per me è un patrimonio di conoscenza che, depurato da estremizzazioni caratteriali, potrebbe essere molto utile a Renzi.
Sull'altro piatto della bilancia, Renzi ha dalla sua la forza di volontà e sicuramente una dose massiccia di ingenuità politica. Basteranno a cambiare il Paese? Forse no, visto che sono già iniziati i veti incrociati, i distinguo, il porre paletti oltre i quali le "forze politiche" che sosterranno il Governo hanno già detto di non poter andare.
Per questo, lo streaming di oggi è per me una occasione perduta. Per chi ha votato Grillo in primo luogo (quando si dice di voler cambiare le cose bisogna, prima o poi,  sporcarsi le mani), ma anche per Renzi che avrebbe dovuto vedere in Grillo non un masaniello da strapazzo ma un casinaro che, nello sproloquio generalizzato, dice alcune verità sacrosante. Occorrerebbe onestà intellettuale, da ambo le parti. Ma di questi tempi è merce rara.

mercoledì 22 gennaio 2014

Parlamentarie. La terza via tra liste bloccate e preferenze (su liste sempre bloccate).

La questione delle liste bloccate rischia di diventare il tormentone della prossima stagione politica. Per questo vorrei provare a dire la mia cercando di essere obbiettivo ed attenendomi ai fatti.
Ha ragione Bersani quando, dal suo letto di ospedale, dice che le preferenze, cosi come ce le ricordavamo, davano solo l'illusione di scegliere. "Er Batman de Anagni -  ricorda l'ex segretario del Pd - era ad esempio il dominus incontrastato delle preferenze in ciociaria".
Posto che le liste bloccate, scelte nelle stanze dei partiti, sono l'opposto della democrazia partecipativa, e posto che le preferenze (su liste sempre decise dalle segreterie dei partiti) sembra diano all'elettore la libertà di scegliere  ma in realtà lo illudono, quale è la soluzione?
La soluzione, timidamente messa in campo dal Pd nelle ultime elezioni, sta nelle "parlamentarie". Vale a dire nella possibilità per tutti i cittadini, di scegliere con elezioni primarie, i candidati che entreranno in lista. Tutti, non solo una parte. Poi quella lista potrà certamente (anzi, necessariamente) essere chiusa. Peraltro, di questa opzione si è discusso lunedi in Direzione di Partito. Lo hanno fatto Zanda, e poi lo stesso Cuperlo. Che, mettendo in guardia dal rischio di nuova bocciatura della legge elettorale da parte della Consulta proprio sulla questione liste bloccate, ha proposto che le "parlamentarie" di questo tipo siano previste per legge e per tutt i partiti.
Credo che su questo tema Renzi dovrebbe spendersi di più. Se sarà capace di spiegarlo bene agli elettori, non c'è motivo perchè questi preferiscano le preferenze su liste che si trovano belle e composte al momento del voto. Aggiungo, dato che Forza Italia è il partito che difende a spada tratta i listini bloccati, che se si andasse al voto facendo noi le parlamentarie e tutti gli altri no, ci sarebbe da divertirsi (la gente su questo tema sembra molto sensibile). E' quindi una proposta politica da far conoscere, difendere e presentare con chiarezza all'elettorato.

mercoledì 15 gennaio 2014

Il razzismo non più strisciante.

Pensavamo che Maroni, in passato anche Ministro del Lavoro e dell'Interno, inaugurasse la facciata "presentabile" (uso volutamente le virgolette) della Lega. Dopo il celodurismo di Bossi, i cappi sventolati in Parlamento, il dio Po ed altr...e amenità, oltre alla responsabilità di aver governato con Berlusconi negando la crisi, la speranza era che finalmente anche oltre Padania si potesse inaugurare una stagione di cambiamento.
Invece le uscite pubbliche del neo segretario Salvini dopo aver suscitato ilarità e sconcerto, ora preoccupano. Per la pochezza umana che si nasconde dietro le sue parole, per l'ignoranza profonda (nel senso proprio di cultura personale), per il populismo becero e spiccio, per dare come sempre voce alla parte peggiore del Paese. Ora il pericolo si chiama razzismo, un razzismo non più strisciante, ma evidente e conclamato. Parlare di "negritudine" rivolgendosi al Ministro Kyenge, pubblicare i suoi appuntamenti, ostinarsi a giudicare (nel 2014!) le persone dal colore della pelle, incapaci di mostrare un minimo di pietas verso coloro che perdono la vita sui barconi o sono trattati da schiavi nei centri di accoglienza, significa teorizzare la barbarie. E' il regresso sociale, la sconfitta di millenari ideali di rispetto reciproco, nel segno dell'appartenenza alla stessa razza umana.
Salvini rappresenta tutto il peggio che questa crisi ha prodotto nel substrato sociale: paura del prossimo, del diverso, di chi viene da lontano ed abbiamo paura ad avvicinare. Vi chiedo invece di non abbassare la guardia su questo fenomeno, cogliendo tutte le occasioni buone per condannare questo razzismo strisciante.
Per questo, suggerendovi di vederle insieme ai vostri figli, vi propongo qui sotto il link alla trasmissione "A sua Immagine" andata in onda su RaiUno domenica mattina. Dal minuto 4 trovate la breve storia di Frank, giornalista camerunense scappato dal suo Paese perchè considerato sovversivo. Ed arrivato in Italia... Dalle sue parole amarezza per come è ridotto il nostro Paese, ma anche un bellissimo insegnamento circa l'accoglienza. Altro che Salvini. A voi amici.


http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-728b5471-3f9f-4500-9c5c-99e982920bcb.html