giovedì 6 giugno 2013

Perotto. Chi era costui? Una storia che avrebbe cambiato il nostro Paese (e non solo).

Oggi vi racconto una storia. E' una storia di un treno che passa, che si ferma nel Paese più bello del mondo, cerca di farci salire sopra le persone migliori, ma poi riparte vuoto per via del tempo che perde ogni volta alla stazione. E' la storia di Pier Giorgio Perotto. Ingegnere (nato nel 1930, morto nel 2002). Prima semplice ricercatore, in pochi anni (dal 1957 al 1963) divenne capo ingegnere della Olivetti, la mitica azienda di Ivrea leader mondiale (fino agli anni '80) di quello che si chiamerà "office automation" (calcolatrici, macchine da scrivere meccaniche e poi elettroniche). Ma anche azienda "a misura d'uomo", integrata in un contesto sociale ed economico che ha fatto scuola, e su cui spero sappiate qualcosa (avrete sentito parlare del fondatore, Adriano Olivetti, insuperato imprenditore attento al fattore umano).
A capo di un gruppo di giovani, Perotto nel 1962 iniziò a lavorare ad un progetto folle per l'epoca: la realizzazione di un calcolatore elettronico con dimensioni poco più grandi di una macchina da scrivere, che fosse dislocabile in ogni ufficio ed assolvesse le stesse funzioni dei primi calcolatori a bobina grandi come armadi. Nacque così il Progetto 101, tradotto in un prototipo (chiamato "la Perottina" in omaggio al suo inventore) che dal 1963 al 1965 fu sviluppato tanto da diventare il primo vero pc portatile al mondo (chiamato calcolatore elettronico dal suo fondatore).
La storia continua. In quegli anni, morto il fondatore Adriano, l'Olivetti iniziò ad avere problemi economici, e vide l'ingresso degli americani della General Electric nella compagine azionaria. Perotto e il suo team continuarono a lavorare al progetto, ma  di nascosto perchè il nuovo management, perplesso su questo scatolotto che usava l'elettronica e non la meccanica,  sentenziò: "un calcolatore portatile? Una follia, non avrà futuro". Chapeau.
Perotto, diciamo così, ci rimase male. Ma riuscì a presentare il suo prototipo a New York. Finì che la "Perottina" fu vista e copiata dal colosso HP, il quale anni dopo dovette anche versargli un risarcimento milionario.
Ma la frittata era fatta: il pc portatile era sbarcato negli Usa e da lì avrebbe preso il volo (non a caso, se qualcuno ha letto la biografia di Jobs, si ricorderà che il fondatore della Apple aveva visto da subito nella HP e nei suoi prototipi di personal computer la terra promessa nella quale, anni dopo, avrebbe sviluppato le sue idee).
Questa storia è vera, e si potrebbe sintetizzare così. Il personal computer è stato ideato, costruito e messo a punto in Italia. Da un giovane ingegnere che oggi pochi si ricordano.
Pensate cosa avrebbe significato per il nostro Paese brevettare l'invenzione, investirci in ricerca, blindare i nostri cervelli e cambiare, davvero, il mondo. Ma con un approccio "made in Italy". Alla faccia dei vari Gates, Jobs, Wozniak ed altri guru della Silicon Valley.
Ho raccontato questa storia perchè mi piange il cuore a leggere ogni giorno di posti di lavoro che si perdono, di fuga di cervelli, di giovani che non studiano e non lavorano. Chissà quanti Perotto ci sono stati e ci sono ancora in giro per l'Italia.
A loro dobbiamo dare fiducia, dobbiamo ricreare le condizioni per attrarre capitali e idee. Che pur ci sono, come tante energie insospettabili. A patto di ragionare su schemi nuovi, abbandonare rendite di posizione e riscoprire l'orgoglio di appartenenza ad una comunità che potrebbe davvero migliorare questo mondo. Se solo lo volesse.

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