martedì 23 aprile 2013

Le lacrime di Giorgio Napolitano

Ieri la nostra Repubblica ha vissuto un momento di altissima intensità. La riunione in seduta comune delle Camere, per ascoltare il discorso di Insediamento del Presidente Giorgio Napolitano, resterà nella Storia. Non solo per la novità del "doppio" mandato mai verificatosi dal 1946 ad oggi; ma soprattutto per la commozione, mista a delusione e rabbia, di un Uomo che negli ultimi anni - invano - ha cercato di far ragionare le forze politiche, portarle al confronto civile, alla ricerca di un punto di compromesso su legge elettorale, riforme istituzionali, visione "alta" degli impegni internazionali della Nazione.
Faceva specie sentire le interruzioni degli applausi e le standing ovation. Come se le parole dure, senza assoluzioni per chicchessia, fossero destinati "ad altri" e non a quegli stessi che sedevano davanti al Presidente per accoglierne le critiche. Ma tant'è. In questi anni siamo stati abituati a vedere tutto e il suo contrario. Annunci di riforme mai realizzate, promesse di passi indietro mai effettuati, interventi sui costi della politica mai portati a termine. Con l'effetto di aver allontanato - speriamo non definitivamente - gli Italiani dalla Politica intesa nella sua forma più alta, quella della partecipazione attiva, attraverso il voto, alla "cosa pubblica".
Cosa resta delle parole di Napolitano? Speriamo un senso di vergogna, l'unica che potrebbe far di nuovo riaprire un percorso di dialogo tra le forze politiche nel segno del domani. Ma saranno capaci, i rappresentanti del Popolo, di assolvere ad un compito così Alto?

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