mercoledì 5 ottobre 2016

La semplicità salverà il mondo (riflessioni su FuocoAmmare)



Lunedì sera, in religioso silenzio, ho visto "Fuocoammare" di Rosi, trasmesso su Rai3. Ai titoli di coda non ho aperto bocca. C'era bisogno di riflettere. Vorrei sottolineare - ma lo potrà capire solo chi ha visto questo film candidato all'Oscar come migliore film straniero (non capisco perchè Sorrentino lo voleva relegare tra i documentari) - alcuni aspetti del "racconto" e del taglio voluto da Rosi.
Innanzi tutto la sorpresa della semplicità e della purezza antica della vita dell...'isola (Lampedusa), con il piccolo Samuele (alle prese con un destino segnato, quello della vita da pescatore in un mare che non sfama più e che è diventato un luogo di morte e sofferenza); quella della "povera gente" legata a valori forti come la famiglia e il lavoro durissimo. Gente SEMPLICE. Nell'accezione più bella del termine. Riflettevo sulla figura di Pietro Bartolo, il medico che non si abituerà mai all'incontro con la sofferenza dei migranti, alla morte da certificare. La sua umanità commuove.
Lo shock del racconto è proprio questo. Un mare di disperati che trova un briciolo di speranza in un lembo di terra lontano. Dove il tempo sembra fermato a 50 anni fa. E' questa l'Italia? Eppure Lampedusa è diventata una terra accogliente proprio grazie a quella semplicità di vita. A quei valori ancora forti. Se altrove, in piena Europa, si alzano muri (tra l'inghilterra e la Francia; tra l'Ungheria e la Serbia; a breve tra l'Austria e la Slovenia..) a Lampedusa ancora si gettano ponti, come vorrebbe Papa Francesco. Sapendo che non si può fare altro. Se Lampedusa fosse stata Copenhagen, non avremmo visto le stesse scene.
Un altro messaggio è quello della impossibilità a gestire da soli un processo biblico come quello delle migrazioni. Dove sta l'Europa?
Eppure ieri ero fiero di essere cittadino italiano. Di una nazione scalcagnata, ma che ha gente come i poliziotti che alle tre di notte accolgono i migranti; come i militari che vegliano i corpi dei morti sulle vedette appena raccolti dal mare (scena terrificante e bellissima allo stesso tempo); come il dottor Bartolo "tuttofare" (che tenerezza anche la visita al piccolo Samuele) che in un inglese incerto prova a spiegare alla mamma l'ecografia dei due gemellini che porta in grembo.
Su tutto, la tecnica cinematografica di Rosi. Mirabile. Camera fissa in quasi tutte le situazioni. Ritmo lento. Tanti silenzi (solo il suono della natura), sguardo là dove nessun "film" ha osato indagare (i cadaveri nella stiva della carretta del mare). Non me ne frega granchè dell'Oscar. Ma questo è grande cinema. Quello che può smuovere le coscienze. E permettere di agire.

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